Spence: “Siete nella tempesta un errore tagliare le tasse ora”

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ROMA – «L’allarme di Moody’s? È giustificabile, ma non vuol dire che sarà  portato alle ulteriori conseguenze: l’effettivo abbassamento del rating non è la conclusione più probabile, ma una delle ipotesi. La verità  è che Moody’s non poteva fare diversamente». Michael Spence, premio Nobel 2001, è l’economista americano che oggi conosce meglio il nostro paese perché si divide fra la New York University e la Bocconi di Milano dove ha un insegnamento di international business. Ci tiene molto che proprio in Italia esca la prima edizione estera del suo nuovo libro “The next convergence-The future of economic growth in a multispeed world”, da pochi giorni in libreria in America. «Da voi lo pubblicherà  Laterza».
Perché dice che Moody’s ha agito nell’unico modo plausibile?
«Perché sull’Italia in questo momento si scatenano due forze interne ed esterne pesantissime. La più stringente è il contesto internazionale sfavorevole, a partire dalla situazione in Grecia ma non solo. I tassi d’interesse sono in tendenziale aumento in tutto il mondo, sulla spinta delle strette monetarie che i paesi emergenti dovranno necessariamente attuare per temperare l’inflazione. Ma anche senza aspettare i rialzi ufficiali della Bce, gli spread saranno in tensione, e l’Italia non sarà  immune. Mettetevi nei panni di un investitore internazionale: in momenti di così marcata incertezza, identificherà  con maggior cura i paesi dove andare a comprare i bond, scegliendo quelli a maggiore affidabilità  e sicurezza. Purtroppo l’Italia non è fra questi».
Quindi per noi non c’è speranza…
«Non ho detto questo, anzi per ora non dovrebbe accadere l’irreparabile, né per l’Italia né per l’euro nel suo insieme».
E per la Grecia?
«Beh, non lo so. La situazione lì è davvero compromessa. Il rinvio del piano di salvataggio è una pessima notizia. Ho paura che sul medio termine bisognerà  inevitabilmente varare un consolidamento a cui partecipino i creditori privati, quella misura a cui la Bce si oppone, e per ragioni condivisibili».
Torniamo all’Italia. Bisogna abbassare le tasse?
«Non sarebbe una misura saggia con deficit e debito a questi livelli. Prima che abbia un effetto psicologico e generi un’ondata di entusiasmo tale da creare un movimento di consumi, in grado a sua volta di muovere la crescita, il ribasso dovrebbe essere così consistente da essere realmente insostenibile. Fa bene il ministro del Tesoro a tenere duro su questo punto. Un minimo passo all’indietro sul deficit potrebbe essere quello fatale. Piuttosto bisogna intervenire sui fattori strutturali che fanno sì che l’Italia sia ferma da dieci anni, e il primo di questi è la produttività . La Germania è riuscita a migliorare l’organizzazione del lavoro senza compromettere se non in misura marginale il potere d’acquisto dei salari. Perché non ci dovrebbe riuscire l’Italia, un paese che ha tante eccellenze già  acquisite? Io vi propongo di creare un nuovo tavolo di concertazione fra governo, sindacati e imprese, che abbia stavolta una visione e una missione le più ampie possibili e avvii misure coordinate e cogenti. Sarebbe la miglior risposta a Moody’s che, non dimenticate, ha messo esplicitamente fra i motivi di sfiducia l’insufficiente azione governativa e l’incapacità  dell’esecutivo di adottare provvedimenti condivisi».
Il quadro internazionale è sfavorevole anche per le non buone notizie in arrivo dall’America…
«È vero, anche lì la ripresa rallenta. I problemi sono simili all’Italia: deficit e debito. Il guaio è che stavolta non ci sarebbero più munizioni per intraprendere misure pubbliche. Detto questo, non vedo probabile il double dip».

 


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