Sicilia, per tunisini e libici servizi “mordi e fuggi”

by Editore | 18 Giugno 2011 9:02

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ROMA – Tunisini, egiziani, libici e tanti altri. “Non vogliono rimanere in Sicilia, in linea di massima: ci contattano per servizi ‘mordi e fuggi’, come le docce o l’ambulatorio medico”. Alla vigilia della Giornata per il rifugiato, in programma il 20 giugno, il Centro Astalli di Catania (del Servizio dei gesuiti per i rifugiati) mostra uno spaccato quotidiano di cosa abbiano significato le rivolte nel Medio Oriente sui flussi di richiedenti asilo che sbarcano a Lampedusa e sulle coste siciliane. Elvira Iovino, una dei coordinatori del Centro – che può contare su 80 volontari, 3 operatori e un mediatore culturale, Abdul Jouariri -, racconta cosa succede al momento dell’accoglienza, “da quando è iniziato il caos in Nord Africa: abbiamo constatato un incremento iniziale elevatissimo di tunisini, tutti maschi e giovanissimi, che venivano per servizi di bassa soglia: docce, ambulatorio medico, biancheria”. Molti erano “scappati dal Cara (centro accoglienza richiedenti asilo) di Mineo: si trattava della prima ‘ondata’ – riferisce ancora Elvira -. Con la speranza di andare in Francia a raggiungere i loro amici o parenti, tutti senza soldi, chiedevano ospitalità , posti-letto, biglietto per il treno per raggiungere Ventimiglia. Un gruppetto ha dormito una decina di giorni nella parrocchia accanto alla nostra sede, che dal 2008 si trova vicino alla stazione, in attesa di raggranellare i soldi per i biglietti”.

Numerosi i richiedenti asilo che frequentano la scuola d’italiano animata dal Centro Astalli, aperto dal ’99, “perché vogliono imparare in fretta: sono coloro che hanno chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato o i pochi tunisini che hanno ottenuto il permesso temporaneo e che chiedono lavoro, lavoro, lavoro”. Dal 2010 la scuola di italiano consente agli studenti di sostenere l’esame per la certificazione della conoscenza della lingua italiana in convenzione con l’Università  per stranieri di Perugia.

“Molti egiziani (o che si dichiarano tali) li seguiamo in carcere, sia alla casa circondariale, sia all’istituto penale minorile, sia al centro di prima accoglienza: portiamo loro tutto perché ovviamente non hanno neanche un cambio di biancheria – racconta ancora Iovino -. Sono tutti accusati di essere gli scafisti e alcuni, per la verità  arrivati precedentemente alle proteste nell’area del Maghreb, anche di essere associati alla criminalità  locale per il traffico di esseri umani”. Tuttavia, “tutti si dichiarano innocenti e dicono di essere poveri pescatori di villaggi egiziani, fatti traghettare in cambio del governo dell’imbarcazione”. 

Proprio ieri mattina, ma succede spesso, “un egiziano, senza assolutamente nulla con sé, è sbarcato di notte sulle nostre coste, eludendo tutte le sorveglianze con la complicità  di locali: il ragazzo ha raccontato di essere stato prelevato allo sbarco da un furgone già  pronto ad attenderlo. Il nostro avvocato sta verificando se ci sono gli estremi della richiesta dello status: il nostro sportello legale è letteralmente preso d’assalto da richiedenti asilo… Uno dei nostri avvocati ormai è noto e con il passaparola arrivano tantissimi con il suo nome scritto maldestramente su un bigliettino”.

Passaparola che funziona anche per far arrivare i richiedenti asilo presso la sede catanese del Centro Astalli: “Giungono da noi già  informati ampiamente del nostro indirizzo e, spesso, della tipologia di servizi che offriamo; più di una volta abbiamo avuto l’impressione che abbiano pagato queste informazioni. Spesso mi sembra che non abbiano un progetto di vita, ma solo desiderio di libertà  e di benessere economico”. 

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