Sacrifici assurdi: la Grecia contro Bce e Fmi

by Editore | 16 Giugno 2011 8:16

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Mentre decine di migliaia di persone assediavano il parlamento greco, dall’interno del palazzo si è sparsa la notizia, comunicata dalla tv di stato, che il primo ministro greco, George Papandreou, è pronto a dimettersi per facilitare la formazione di un governo di unità  nazionale, così come richiesto dall’opposizione conservatrice. Papandreou cerca di tenere duro, ma la maggioranza parlamentare si sta assottigliando e vuole coinvolgere l’opposizione, principale responsabile della crisi economica attuale, nell’approvazione della nuova manovra (da 28 miliardi) con la quale sta disperatamente cercando (pressato da Bce e Fmi) di evitare la bancarotta del paese.
Con quello di ieri, che ha paralizzato il paese, sono già  10 gli scioperi generali proclamati dai sindacati contro il nuovo piano di salvataggio. Da Bruxelles, però, non arrivano segnali incoraggianti: la riunione per il nuovo piano di aiuti (che si aggiungerebbe al piano da oltre 100 miliardi già  varato) che si è svolta martedì si è chiusa con un nulla di fatto. Ogni decisione è rinviata a una riunione straordinaria che si terrà  domenica. E quel che è peggio non è stata sbloccata neppure la seconda tranche di 12 miliardi del primo piano di aiuti.
Martedì Mario Draghi ha sostenuto che la Grecia si trova in una situazione migliore di quella italiana dell’inizio degli anni ’90. Il governatore di Bankitalia che ieri ha ricevuto il via libera del parlamento europeo ha voluto lanciare un segnale di ottimismo. La situazione, però, è profondamente diversa da quella italiana di circa 20 anni fa. In particolare perché allora non c’era l’euro e i governi nazionali potevano procede ad aggiustamenti di bilancio manovrando la moneta nazionale. Oggi la Grecia è sull’orlo del baratro: la crescita del Pil è sottozero, le riseve in valuta scarsissime, la disoccupazione è esplosa (il tasso dei senza lavoro ha superato il 15%), 150 mila dipendenti pubblici perderenno il posto di lavoro entro il 2015 e il potere d’acquisto è crollato.
La Grecia non è in grado di emettere nuovi titoli di debito pubblico e i bond decennali sul mercato ieri hanno fatto registrare uno spread di oltre 1500 punti (il 15%) superiore ai bund tedeschi. Sui massimi anche i contratti «credit-default swap», le polizze assicurative contro il rischio d’insolvenza, a 1.632,43 punti. Per la prima volta, inoltre, il tasso dei titoli greci a due anni ha superato la soglia del 28% col rendimento salito di 160 punti base in un solo giorno. Gli aiuti alla Grecia servono: più che al paese, però, sono necessari per rimborsare le banche che negli anni passati hanno accumulato forti stock di debito pubblico ellenico che offriva alti rendimenti. Insomma, il disordine è grande. E una conferma si è avuta dalla minaccia rivolta da Moody’s a tre banche francesi il cui rating rischia di essere fortemente ridotto perché hanno in portafoglio una montagna di bond greci.
Il governo greco resta appeso a un filo a causa dei ricatti delle istituzioni finanziarie internazionali ed è alle prese con una rivolta sociale senza pari contro un piano di riforme e tagli che comporta pesanti sacrifici che si protrarranno per molti anni. La protesta dei sindacati, dei lavoratori e dei cittadini è rivolta soprattutto contro il governo «amico» di Giorgio Papandreou e il Pasok, partito del premier. La gente è consapevole che la crisi nasce per gli imbrogli nascosti per anni dal partito consevatore, ma non accetta che un governo «progressista» imponga sacrifici così pesanti come quelli delineati dalle manovre correttive. Ieri ad Atene e in molte altre città , decine di migliaia di greci sono scese in piazza e davanti al parlamento di Atene ci sono stati scontri fra manifestanti e forze dell’ordine che hanno usato la mano pesante. Al lancio di yogurt e sassi i poliziotti (circa 5 mila) hanno risposto sparando lacrimogeni e utilizzando pesantemente i manganelli. Arance sono state lanciate contro l’auto del premier Papandreou che si sta indebolendo sul piano politico-parlamentare: due esponenti socialisti si rifutano di votare il pacchetto di nuove misure di austerità . E, attualmente, il primo ministro può contare su una maggioranza di appena 155 deputati su 300.
Papandreou sembra non mollare: «Ci assumiamo le nostre responsabilità  di fronte al paese: continueremo ad andare avanti e a prendere le decisioni necessarie per uscire dalla crisi», ha dichiarato ieri arrivando al palazzo presidenziale, per incontrare il presidente della Repubblica. Poi il premier ha anticipato la proposta di governo di unità  nazionale, sostenenedo che «serve uno sforzo nazionale perchè siamo in una fase storica cruciale e dobbiamo prendere decisioni cruciali». E ha spiegato di «credere nei benefici di una concordia nazionale» e di essere «sempre in contatto con gli altri capi dei partiti» e che ognuno si deve assumere le proprie responsabilità .
Migliaia di manifestanti appartenenti al movimento di protesta popolare degli «indignati» hanno occupato di mattina presto la piazza centrale di Syntagma di fronte al Parlamento, esponendo bandiere greche e spagnole e striscioni, molti dei quali hanno scritto «No Pasaran» e «Resistiamo». Accampati in piazza Syntagma, da tre settimane, gli «indignati» greci hanno formato una catena umana e circondato il Parlamento, che ieri iniziava l’esame della proposta di legge di bilancio che include le nuove componenti di austerità  fino al 2015, dettate dai creditori del paese, la Ue e l’Fmi. MILIARDI Tanto vale la nuova stangata in arrivo in Grecia. Per approvarla, a fronte della rivolta sociale nel paese, il primo ministro si è detto pronto a un «governo
di unità  nazionale»

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