Referendum, il governo spera nella Consulta
ROMA – La Corte costituzionale deve giudicare inammissibile il nuovo quesito referendario sul nucleare perché la formulazione della Cassazione non ha i necessari «requisiti di chiarezza, omogeneità e univocità ». Peppino Calderisi, uno dei massimi esperti del Pdl in materia di quesiti e giurisprudenza della Consulta, non ha dubbi: la riformulazione domani non dovrebbe passare il vaglio dei giudici costituzionali.
Il ragionamento di Calderisi e del Pdl si poggia sulle motivazioni dell’Avvocatura dello Stato, mobilitata da Gianni Letta, dove si dice che cancellare i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del decreto omnibus produrrebbe l’effetto contrario a quello voluto dai referendari: rendere possibile la costruzione delle centrali nucleari che il governo avrebbe invece “bloccato”.
Dunque siccome non c’è chiarezza fra il quesito da votare e gli effetti che provocherebbe la vittoria dei sì è meglio impedire ai cittadini di andare alle urne. «È un accanimento – dice Angelo Bonelli, presidente dei Verdi – solo con gli enormi interessi economici che ruotano intorno all’affare atomico che vale oltre 30 miliardi di euro».
Ma quando mai, replica il pidellino Angelo Napoli: «L’unica lobby, infiltrata da potenti interessi mafiosi, è quella della pale eoliche e delle energie alternative». Napoli cita anche la Finlandia, come modello nucleare e le 59 centrali francesi. Ma da Parigi arrivano i dati di un sondaggio: il 62 per cento è favorevole ad un progressivo abbandono del nucleare.
Ovviamente i comitati referendari non sono d’accordo con l’interpretazione del governo. E per questo tutti hanno presentato memorie alla Corte costituzionale per chiedere il via libera. Perché, scrive per esempio l’avvocato Gianluigi Pellegrini in quella presentata per conto del Movimento difesa del cittadino, spiega che «anche la legge omnibus continua a contemplare il programma nucleare, assegnando anzi al governo un termine acceleratorio per provvedervi (non oltre dodici mesi)».
«Intanto si litiga ancora sulla scarsa informazione che i tg dedicano ai referendum. Roberto Zaccaria, deputato del Pd e coordinatore del Gruppo di ascolto sul pluralismo dell’informazione, per esempio accusa il Tg2 e il Tg4 di avere dato notizie nella giornata di sabato solo all’ora di pranzo. Nulla nelle edizioni serali. La Rai replica di avere aumentato gli spot informativi e che adesso ne vanno in onda 18 al giorno. Altre polemiche sul Tg1: ha sbagliato nell’edizione serale la data del referendum, indicano il 13 e 14 giugno. Errore o malizia?, chiede il centrosinistra
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