by Editore | 1 Giugno 2011 7:10
ROMA – Sì alla riforma fiscale, da fare subito e, se sarà il caso, assieme «all’eventuale anticipo della manovra». Sì anche ai tagli «non indiscriminati» alla spesa corrente, senza sacrificare la spesa in conto capitale. A Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione, la relazione di Mario Draghi è piaciuta.
Eppure il governatore non è stato tenero con Palazzo Chigi. Ha detto che la spesa corrente va ridotta di 5 punti, che serve una manovra tempestiva e che i tagli non devono essere indiscriminati. Come se ne esce?
«Continuando e accelerando quello che abbiamo già avviato. E’ vero: la spesa primaria corrente in rapporto al Pil deve essere riportata ai livelli dello scorso decennio e l’obiettivo va realizzato attraverso interventi mirati, basandosi su indicatori di efficienza. Ma la riforma della pubblica amministrazione avviata dal governo, e in particolare dal mio ministero, va già in questo senso».
Però, dice Draghi, tagliare la spesa non basta, servono le riforme.
«Sono d’accordo, per esempio quella del fisco deve e può essere fatta subito»
Subito quando? Si era parlato di avviare la discussione ad ottobre.
«Va fatta in concomitanza con l’eventuale anticipo di manovra correttiva per il 2013-14».
Come?
«Innanzitutto semplificando e razionalizzando il codice tributario».
Banca d’Italia non parla di codici, chiede di riequilibrare un fisco che penalizza i redditi da lavoro.
«Giusto, questa ricomposizione va fatta, ma deve essere neutrale sul bilancio pubblico».
Come si finanzia?
«La riduzione del prelievo sui redditi da lavoro deve essere compensata da un aumento dei prelievi sui consumi. Di per sé, questo spostamento avrà un effetto significativo sulla crescita: riducendo il cuneo fiscale, si interviene positivamente sugli incentivi a lavorare, assumere, produrre e investire di più».
Ma una manovra del genere non spinge l’inflazione?
«L’eventuale impatto sarebbe solo transitorio. Certo, l’intervento deve essere significativo: modalità e mix sono allo studio del ministero dell’Economia».
Basterà a smuovere un’economia che ristagna da dieci anni?
«Il ristagno è il nostro principale problema, ma è conseguenza di quello della produttività . Draghi ha detto che deriva dal fatto che il nostro sistema non si è ben adattato alle nuove tecnologie. E’ vero. Cause strutturali, il governo ha una presa limitata su di esse».
Si tira indietro?
«Non dico che non possiamo fare niente. Anzi, nel Programma Nazionale di Riforma abbiamo delineato una strategia per promuovere una crescita solida, del quale fanno parte interventi di liberalizzazione in parte già attuati, penso alle public utilities locali. Faremo altro, attueremo il Piano per il Sud, continueremo a semplificare leggi e atti amministrativi elimineremo protezioni e rendite, ma è chiaro che la carta più forte che il governo ha in mano è la politica di bilancio. Insomma antibiotici e vitamine».
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