“Resterò a Tripoli vivo o morto” Gheddafi sfida la Nato con un video

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L’AGONIA del regime di Muhammar Gheddafi si protrae, riservando ogni giorno piccoli e grandi colpi di scena che fanno parte di un copione conosciuto. Dopo l’accelerazione degli attacchi della Nato (ormai anche diurni), ieri per la prima volta da giorni il colonnello prima è tornato a far sentire la sua voce e poi si è fatto vedere in un video mentre saluta un gruppo di presunti leader tribali.
Sia l’audio che il video, se sono veri (ovvero realizzati nelle ultime ore), lanciano segnali interessanti. Il video dimostrerebbe che il colonnello non è rimasto ferito negli ultimi attacchi come riportavano alcune voci. L’audio è invece una ripetizione esasperata delle sfide che Gheddafi da 3 masi lancia alla Nato. «Non ci sottometteremo mai, i vostri missili non mi fanno paura, resterò a Tripoli vivo o morto», dice il leader, «sono vicino ai luoghi bombardati ma resisto ancora, non abbiate paura, avanti, avanti!». Il sonoro dura 9 minuti, ed è sostanzialmente una beffa alla Nato e un invito alla resistenza per quanti in Libia continuano a credere in lui. «Non abbiamo che una sola alternativa», dice il colonnello: «Rimanere nel nostro paese fino alla fine. Morte, vita, vittoria, che cosa importa: non lasceremo il nostro paese, non lo venderemo, non ci sottometteremo».
Possono apparire – e sono – le parole di sfida di un uomo disperato: di sicuro Gheddafi dopo 3 mesi di guerra è un uomo in profonda difficoltà , sempre più solo e soprattutto non in grado di avere una percezione concreta della realtà  politica e militare che lo circonda. Eppure il leader libico è ancora capace di controllare una parte di quello che era il suo poderoso sistema di sicurezza e repressione; è ancora capace di opporre resistenza alla Nato e alle forze dei ribelli, è ancora capaci di stragi e violenza.
Ieri i caccia della Nato hanno colpito Tripoli, di giorno, con almeno 10 ordigni, tutti su obiettivi militari o su uffici dei servizi segreti. A Bengasi è atterrato alle 6 del mattino l’inviato speciale del Cremlino: la Russia non ha nessuna intenzione di lasciare del tutto mano libera alla Nato in Libia, ma ormai si sta rendendo conto che deve stringere i rapporti con i ribelli di Bengasi. L’inviato di Medvedev, Mikhail Margelov, ha detto di temere un’ultima «vendetta» del colonnello, e il ministro degli Esteri russo Lavrov ha aggiunto che Mosca «non cerca un ruolo principale nella mediazione», come dire che non crede di avere in mano nessuna chiave per convincere Gheddafi a mollare.
Da Washington, dove ha visto Barack Obama, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha annunciato che il suo governo invierà  a Bengasi militari per addestrare l’esercito dei ribelli: un po’ poco rispetto all’impegno bellico accresciuto che la Nato chiede a tutti gli alleati, ma molto di più rispetto all’astensione in Consiglio di Sicurezza con cui la Germania aveva scelto la “non belligeranza” rispetto al regime di Gheddafi. La Merkel assieme a Obama ha ripetuto che «il regime di Gheddafi ha i giorni contati». «La pressione sul raìs si intensificherà  fino a quando non lascerà  il potere», ha aggiunto il presidente Usa. Finché Gheddafi non cadrà  per davvero, sembra solo un rituale politico propiziatorio che i capi della Nato ripetono da 3 mesi.

 


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