“Quel Cie è un lager, il governo spieghi”

by Editore | 12 Giugno 2011 7:10

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ROMA – I Cie, centri di identificazione e accoglienza, come Guantanamo: “gabbie” prive di diritti civili chiuse ai giornalisti e vietate ai controlli dei parlamentari. La Regione Basilicata insorge contro il ministero dell’Interno dopo l’inchiesta pubblicata sul nuovo sito inchieste Repubblica-Espresso che ha svelato le condizioni disumane nelle quali vivono gli “ospiti” – così sono chiamati dal Viminale i migranti “reclusi” in quelle strutture – del Cie di Palazzo San Gervasio. Il governatore lucano Vito De Filippo denuncia che quel centro di identificazione ed espulsione fu costruito in gran segreto, senza che neppure la Regione ne venisse informata dal prefetto che ammise di aver ricevuto dal Viminale l’ordine alla «riservatezza». Ora De Filippo chiede un’inchiesta sulle condizioni degli immigrati là  “detenuti”. Il sito Repubblica. it mette in rete un video girato da uno sessanta migranti tunisini ingabbiati dietro la rete di acciaio a maglie strette alta cinque metri nell’attesa di un rimpatrio forzato. Dovrebbero essere ospiti, invece sono come animali in gabbia. In quelle immagini compare l’altra faccia degli sbarchi a Lampedusa che il governo vuole tenere nascosta. Il video certifica i tentativi di fuga e gli scontri con la polizia. Ma soprattutto la mancanza dei diritti più elementari visto che, stando alle denunce degli “ospiti”, è vietato l’ingresso anche ai legali. Sono circa 60 immigrati in attesa di essere rimandati in Tunisia, ma nessuno spiega loro quando avverrà : «Non ci fanno nemmeno parlare con i nostri avvocati», denunciano. «Le informazioni mancano o sono carenti – aggiungono – Il decreto di espulsione è scritto in italiano e arabo, ma la parte nella nostra lingua è del tutto incomprensibile». La video-inchiesta s’è ora trasformata in un caso politico, con il governatore che chiede «subito un’indagine sul Cie». E il capogruppo dei senatori Idv Felice Belisario che chiede a Maroni «di fare piena luce» su quanto accaduto e rivela di aver tentato di visitare quel Cie ai sensi delle sue prerogative ispettive parlamentari, ma «di non aver avuto l’autorizzazione». «La nostra – ha sottolineato il presidente De Filippo – è da sempre terra di accoglienza e di grande ospitalità , soprattutto nei riguardi di chi fugge dai Paesi africani sconvolti dalla guerra».
«Per questo – ha aggiunto – è inaccettabile che un campo di identificazione ed accoglienza (Cie) realizzato e gestito dal ministero dell’Interno, a nostra insaputa e senza il nostro avallo, getti un’ombra infamante su di noi». I “detenuti” tunisini ieri hanno denunciato di aver subito intimidazioni e vessazioni dai poliziotti come ritorsione per aver consegnato ai giornalisti i filmini dei disordini nel Cie. Ma il portavoce di Maroni ha smentito la circostanza: «Non ci risulta che le cose stiano in questi termini». Critiche al ministero dell’Interno arrivano anche dagli stessi sindacati di polizia. «La situazione di alcuni Cie è scandalosa – dichiara Franco Maccari, del Coisp – sono delle vere bombe ad orologeria pronte ad esplodere. Strutture malsane e fatiscenti, in cui clandestini e profughi vengono reclusi in maniera incivile e disumana, e che sono continuamente teatro di violenze e disordini di cui a fare le spese sono sempre gli operatori delle forze di polizia».

 

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