“I costi del risanamento non si scaricano sui lavoratori”
Un Paese che non è la Grecia, ma che se negli ultimi due anni ha perso inesorabilmente terreno rispetto alle altre grandi nazioni europee lo deve alle scelte ed alle politiche sbagliato dell’attuale esecutivo. Susanna Camusso non adotta il semplice schema di Confindustria, e del ministro Tremonti, secondo cui non c’è alternativa alla maxi manovra per il rientro dei conti pubblici, ma scende semmai in profondità per descrivere l’attuale difficile realtà italiana ed indicare delle possibili vie d’uscita. Che non passano, a differenza di quanto sostengono gli industriali, dalla coesione della maggioranza, per il semplice fatto che questa di fatto non c’è più.
REDISTRIBUIRE IL REDDITO Parlando a Bologna, il segretario della Cgil parte proprio da Confindustria e dalla sua invocazione di «una coesione politica della maggioranza per varare la manovra. Ma è evidente che in questo Paese una maggioranza politica non c’è più. Non c’è – ha spiegato – per il volere dei cittadini, non c’è per la discussione al loro interno e per questa conduzione che ha portato l’esecutivo al patto europeo che mette adesso il nostro governo di fronte alla difficoltà di fare la manovra. Ed è proprio per questo che il segno della manovra deve essere redistributivo e non scaricare sui lavoratori tutti i costi di questa presunta opera di risanamento ». In quest’ottica Cisl e Uil «hanno detto una cosa importante, cioè che bisogna agire sui grandi patrimoni e sulle rendite, cose che noi sosteniamo da molti mesi». Quanto al rischio di un declassamento da parte delle agenzie di rating, con le conseguenze sul debito pubblico, per Susanna Camusso «non è utile per nessuno alimentare l’idea che l’Italia sia a rischio Grecia, nonostante due anni di politiche che hanno indebolito il paese». E se alla necessità di perseguire la stabilità dei conti pubblici non ci sono alternative, per Susanna Camusso è basilare, appunto, comprendere perché si è arrivati all’attuale situazione critica. «Il nostro Paese – ha affermato – ha un grande debito pubblico. E la ragione per cui bisogna fare la manovra è che il governo ha firmato un trattato internazionale, assumendo un impegno e accettando le condizioni poste dall’Europa. Insomma, la manovra non è un accidente della storia che ci capita sulla testa,maè una responsabilità del governo. Oggi per altro la maggioranza è assolutamente divisa e questo è un rischio per il Paese». Il leader della Cgil non ha dubbi, non basta il problematico riequilibrio dei conti per uscire dalla crisi: «Il primo principio ispiratore dovrebbe essere misurarsi con le diseguaglianze del paese e cercare di ridurle. Purtroppo – ed è chiaro il riferimento del segretario Cgil alle ultime sortite leghiste -, vedo invece la preparazione di un prato fatto di una moltiplicazione di rivendicazioni che fanno tornare l’eco della secessione e della divisione del Paese, ma l’Italia di tutto ha bisogno tranne di dividersi».
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