Prove di sindacato globale

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Ma se il percorso per approdare ad una rete di informazioni utili e rapide è, sostanzialmente, agevole, quello che appare molto più lunga e complicata è la strada verso un accordo quadro internazionale, che produca risultati concreti. Anche perché – ricorda Alessandra Mecozzi, responsabile dell’ufficio internazionale della Fiom – la richiesta di un tavolo per arrivare ad un accordo di questo tipo è stata fin qui ignorata dalla Fiat. «Eppure – aggiunge Mecozzi – sono già  una quindicina le multinazionali che l’hanno riconosciuto, a partire dalla Indesit per proseguire con gruppi del settore auto come Volkswagen e Psa».

In realtà  l’accordo quadro internazionale non rappresenta una piattaforma rivendicativa vera e propria. Ma si limita a recepire le indicazioni minime sostenute dall’Oil, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa degli aspetti del lavoro. Dunque il divieto del lavoro per i bambini, il no ad ogni forma di schiavismo, il diritto alla contrattazione in azienda e all’adesione ad un sindacato libero. Richieste assolutamente normali per l’Italia e l’Europa Occidentale. Ma gli stabilimenti produttivi delle multinazionali hanno sedi anche in altre realtà  dove alcuni di questi parametri minimi non sono rispettati.

Per questo i sindacati chiedono che le convenzioni Oil facciano premio sulle leggi nazionali. Così come chiedono alle multinazionali di verificare che questi diritti minimi siano rispettati anche dai vari fornitori. «In realtà  alla Fiat – afferma Mecozzi – si parla molto di globalizzazione, di dimensione mondiale, di confronto internazionale, ma si è meno attenti sul fronte della dimensione internazionale del sindacato». E ieri anche il sottosegretario Roberto Rosso ha invitato Sergio Marchionne a riconoscere l’accordo quadro internazionale.

Quanto alla piattaforma globale, gli stessi sindacati ammettono che è molto lontana. Perché le condizioni dei singoli Paesi sono estremamente differenti ed è difficile arrivare a richieste comuni, al di là  di affermazioni sui diritti minimi. D’altronde anche il Comitato aziendale europeo, riconosciuto ed attivo anche in Fiat (anche perché le aziende sono vincolate da una direttiva europea), non va molto al di là  di un confronto tra i sindacati e tra le organizzazioni dei lavoratori e l’azienda.


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