Produzione, l’Italia scivola al settimo posto

by Editore | 10 Giugno 2011 6:45

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ROMA – Prima la recessione violenta, poi la lenta ripresa: due colpi a distanza ravvicinata hanno tramortito l’economia italiana. Nel giro di pochi anni, dal 2007 al 2010, il Paese ha perso due posti nella graduatoria mondiale della produttività , passando dal quinto al settimo gradino. Tre anni difficili per tutti, ma dai quali noi stiamo uscendo con più difficoltà  rispetto agli altri perché il «recupero» non decolla.
A tracciare il quadro della manifattura italiana è uno rapporto del Centro Studi Confindustria: la crisi – conclude – ha reso più veloce l’inversione di ruoli fra le grandi economie, rivoluzionando «la mappa planetaria». «In tre anni è successo ciò che sarebbe accaduto in un periodo più lungo» spiega il direttore del Centro Luca Paolazzi. Lo dimostra un dato inequivocabile: nella classifica mondiale della produzione India e Corea del Sud ci hanno già  superato, il Brasile ci sta con il fiato sul collo.
Ma la cosa che più preoccupa Confindustria è la frenata messa in atto dopo il primo semestre del 2010. La produzione industriale è «quasi ferma» ai livelli di quell’estate. Fra luglio 2010 e marzo 2011 vi è stata una crescita media mensile pari allo 0,1 per cento, il rapporto con il periodo pre-crisi resta dunque scoraggiante: siamo ancora sotto del 17,5 per cento. Questo mentre le altri grandi economie – chi più, chi meno – continuavano a muoversi : «Il Paese – spiega il rapporto – resta ad alta vocazione industriale, ma spicca per una flessione doppia o tripla rispetto a quella delle maggiori concorrenti». Peggio di noi ha fatto solo la Spagna (meno 22,5 nei tre anni, mentre la Germania è a meno 4, gli Usa a meno 7,1 e la Francia a meno 9,8 per cento).
In vetta alla classifica la Cina ha scalzato gli Stati Uniti, ma sono i paesi asiatici nel loro complesso che si sono distinti per il ritmo incalzante della ripresa: tra il 2007 e il 2010 hanno conquistato 8,9 punti percentuali e sono saliti al 29,7 sul valore della produzione industriale mondiale. La sola Cina «è al 21,7 (più 7,6) saldamente prima». L’Italia, invece, ha perso due postazioni, anche se resta al secondo posto in Europa dietro alla Germania. «Stiamo uscendo dalla crisi meno bene rispetto agli altri paesi – ha commentato la leader degli industriali Emma Marcegaglia – bisogna invece avere grande attenzione al sistema manifatturiero. Oggi il sistema industriale produce circa il 30 per cento della ricchezza del paese e fa il 78 per cento di esportazioni».
Guardando il settore dall’interno, resta forte il gap territoriale. Per «forza industriale» Lecco è la prima provincia italiana, sessantunesima in Europa. La seguono Modena, Vicenza e Bergamo. La provincia di Milano è sedicesima in Italia, ma al gradino 203 in Europa. Roma ottantaduesima in patria, 941esima nella graduatoria europea. All’ultimo posto c’è la provincia di Agrigento. Guardando alla vetta, la vocazione industriale dell’area di Wolfsburg in Germania, prima nella classifica europea, è dieci volte più alta della media Ue e 46 volte più potente di Agrigento. «Bisogna lavorare seriamente su riforme e crescita, ma bisogna avere il coraggio di fare scelte anche impopolari» chiede la Marcegaglia. Fondamentale il tema delle nuove tecnologie, tanto che l’associazione ha costituito una federazione ad hoc: Confindustria Digitale.

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