Prendere tempo aiuta i paesi in crisi

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A Nouriel Roubini va il merito di aver tentato di spostare il dibattito su un altro livello, analizzando le opzioni, avanzando delle proposte concrete al fine di minimizzare il dissesto finanziario che comporterebbe una ristrutturazione.
La sua proposta di uno scambio equivalente dei titoli del debito detenuti dai creditori con nuovi titoli che prevedano un tasso di interesse più basso e una nuova più lunga scadenza eviterebbe l’insorgere di una crisi del credito, perché le banche, potendo mantenere i titoli nella loro contabilità , non avrebbero bisogno di iscrivere quelli vecchi a bilancio come perdita. Al tempo stesso, mantenendo le banche l’esposizione al debito greco, si ridurrebbe la necessità  di procedere a nuove emissioni ufficiali di obbligazioni, mentre la Grecia beneficerebbe di tassi di interesse più bassi, con un conseguente contenimento del peso del debito. Infine, secondo Roubini, il contagio sarebbe minimo.
La proposta è interessante, ma pone due problemi. Innanzitutto non si riuscirebbe probabilmente a ridurre il peso del debito in misura tale da garantirne la sostenibilità  e da ripristinare l’accesso della Grecia ai mercati. La parte più consistente del debito è stata emessa con differenziali molto bassi e quindi è ben possibile che il risparmio sul servizio del debito non basti per invertire l’equazione. Un paese insolvente non può diventare solvente solo allungando le scadenze o contenendo di poco i tassi di interesse.
È perché mai i creditori dovrebbero accettare lo scambio senza una garanzia che non ci sarebbe una ristrutturazione dei nuovi titoli? Roubini propone che la Bce sancisca che solo i nuovi titoli sarebbero considerati garanzia valida nel finanziamento a breve termine, una cosa tuttavia ne legittima né accettabile per chi detiene obbligazioni.
Il secondo problema è che la previsione di un contagio minimo – perché i mercati valuterebbero la sostenibilità  del debito caso per caso – non tiene conto del segnale di un cambiamento di posizione importante delle autorità  europee che si lancerebbe e che porterebbe inevitabilmente i mercati a chiedersi “chi è il prossimo” prezzando le obbligazioni sovrane di conseguenza.
L’obiettivo di coinvolgere il settore privato potrebbe essere ottenuto con una moral suasion che convince creditori a mantenere la loro esposizione alla Grecia, come si è fatto con successo in passato in varie occasioni. Tutto ciò permetterebbe solo di guadagnare del tempo e di disporre, si spererebbe, nel momento in cui diventasse inevitabile una vera ristrutturazione del debito greco, di una maggiore visibilità  su (a) quali paesi seguirebbero la Grecia e quali potrebbero invece servire il debito pienamente, (b) le banche che ne sarebbero colpite e quelle che avrebbero bisogno di una ricapitalizzazione e (c) come minimizzare le alterazioni dell’andamento dei mercati finanziari. Un procrastinamento di questo tipo non potrebbe prolungarsi a lungo e avrebbe certamente un costo. Tuttavia, se il tempo guadagnato, per quanto breve, permettesse di prepararsi all’inevitabile e servisse a proteggere la Spagna e, forse, a evitare una ristrutturazione del debito irlandese, si tratterebbe di soldi ben spesi.
(Traduzione di Guiomar Parada)


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