Perù: Ollanta Humala eletto Presidente, “Fujimori nunca mas!”

by Editore | 7 Giugno 2011 8:06

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I due candidati si sono dati battaglia politica, senza esclusione di colpi, come dev’essere in questi casi, dopo essersi confermati vincitori durante il primo turno elettorale dello scorso 10 aprile, dal quale uscirono sconfitti, tra lo stupore generale, i favoritissimi candidati del centro moderato.

Sono stati due mesi di passione per l’elettorato peruviano, che si è trovato nella condizione di dover scegliere tra i candidati sicuramente più discussi e dalla posizioni più estreme. Da una parte, appunto, Ollanta Humala, detto El Comandante, per via del suo passato da tenente-colonnello dell’esercito nazionale; dall’altra Keiko Fujimori, la giovane candidata dal cognome pesantissimo, figlia del celebre Alberto Fujimori, Presidente del Perù dal 1990 al 2000 e attualmente in carcere, condannato a 25 anni di reclusione per crimini contro i diritti umani e corruzione.

A livello socio-economico, si può ritenere che dai risultati elettorali del 10 aprile e del 5 giugno emergano tre chiavi di lettura principali.

Primo. Il modello economico che ha permesso di condurre il Perù, nell’ultimo decennio, a tassi di crescita record, con un aumento del Pil che sfiora il 10%, un forte incremento degli investimenti stranieri e maggiori esportazioni, non è stato premiato. Se l’economia si è rafforzata, permangono ancora enormi fette di popolazione costrette a vivere in condizioni di povertà  o di povertà  estrema. Gli ultimi dati parlano di un 53% di indigenti nel Perù, vale a dire la maggioranza delle persone. Il tasso di mortalità  infantile è ancora piuttosto elevato, così come il negato accesso all’acqua potabile, a servizi igienici adeguati e a strutture sanitarie. Il lavoro minorile e quello in nero sono una costante delle zone rurali ed urbano marginali.

Per Mario Mancini, coordinatore locale del MLAL, ong italiana con una presenza pluridecennale nel Paese andino, “In Perù avviene un fenomeno grottesco: un Paese che cresce ai ritmi di record mondiale e che pure vede la popolarità  degli ultimi due Presidenti, Toledo e Garcia, non superare mai il 30%, tra l’altro ridotta ancor di più ai minimi termini nelle zone andine e amazzoniche. Un segnale che è sfociato nella protesta violenta, come nel caso dei 200 conflitti socio-ambientali aperti ogni anno, di comunità  indigene che si oppongono con anima ma anche con il corpo agli ingenti investimenti delle miniere”. Tutto questo è emerso durante il primo turno elettorale dove i candidati di centro (tra i quali lo stesso Toledo), quelli che proponevano di cavalcare l’onda e continuare sullo stesso modello di crescita economica, hanno subito una inequivocabile sconfitta. L’elettorato ha scelto di dire no ad un modello economico in grado di creare ricchezza per pochi e totalmente incapace di ridistribuirla ai più.

Secondo. Messa di fronte alla necessità , volente o nolente, di dover scegliere tra Ollanta Humala e Keiko Fujimori, gran parte della società  civile ed i movimenti per i diritti umani e la pace hanno ribadito la loro ferma opposizione all’epoca di sangue, corruzione e oppressione rappresentata dal fujimorismo. L’incarcerazione di Alberto Fujimori ha costituito una tappa storica del passato più recente peruviano, una chiusura con gli anni bui della dittatura de El Chino (Il Cinese, così è soprannominato Alberto Fujimori, per via delle sue origini asiatiche). La candidatura della figlia Keiko ha fatto temere per un ritorno a quel recente passato. L’attuale premio Nobel per la letteratura, il peruviano Mario Vargas Llosa, intellettuale liberale di certo non vicino alle posizioni di Humala, ha preso netta posizione dichiarando che, di fronte allo spettro di una nuova epoca di violenza e negazione dei diritti umani, rappresentato da Keiko Fujimori, il Perù farebbe bene a votare per El Comandante. C’è quindi da ritenere che buona parte dei voti che hanno permesso ad Ollanta Humala di primeggiare siano frutto dell’opposizione al fujimorismo. “Fujimori nunca mas” (Fujimori mai più) è stato il grido di battaglia di quanti sono scesi nelle piazze (anche quelle virtuali, la pagina Facebook contro Keiko Fujimori ha raggiunto in pochi giorni un numero elevatissimo di iscrizioni), contro la candidata di Fuerza 2011.

Numerose associazioni sociali e civili peruviane, così come le principali organizzazioni internazionali di difesa dei diritti umani appoggiano il processo di verifica sulle violazioni dei diritti umani commesse negli anni del governo autoritario del presidente Alberto Fujimori e dai governi precedenti, che prende il nome di Commissione di Verità  e Riconciliazione. Un processo che ha contato sull’appoggio anche del Governo italiano e delle ong italiane di base a Lima. Cristiano Morsolin, dell’Osservatorio sull’America Latina SELVAS , sottolinea che “i nodi cruciali della ricerca di giustizia e verità  non sono ancora stati risolti. Il dittatore Alberto Fujimori è stato condannato a 25 anni per la violazione sistematica dei diritti umani ma il cammino della riparazione e della giustizia sociale è ancora irto di ostacoli nel paese andino”.

Terzo. In entrambi i turni elettorali, la provincia ha battuto il gigante Lima, dalle cui urne sono usciti come maggiormente votati i candidati di centro Toledo e Kuczynski al primo turno e Keiko Fujimori al secondo turno. Questo a ribadire, così come descritto nel primno punto, che creare ricchezza senza distribuirla alla fine non paga. Lima e poche altre grandi città  hanno goduto del boom economico, mentre le zone rurali, soprattutto quelle andine e quelle amazzoniche, fanno quotidianamente i conti con disoccupazione e povertà . L’esercizio democratico del voto ha fatto sì, in questo caso, che il campesino abbia avuto ragione sull’imprenditore.

Se questi sono i motivi che hanno presumibilmente portato all’esito elettorale, non tutti sono sicuri che sia Ollanta Humala la risposta adeguata. La sfida che si prospetta dinnanzi al neo eletto presidente è quella di garantire gli stessi livelli di crescita economica ma con una maggiore ridistribuzione ed uguaglianza sociale. Sono in molti a ritenere, a partire dalla borsa valori di Lima, che ieri ha fatto registrare la perdita più pesante di tutta la sua storia, che il programma ultranazionalista e populista di sinistra di Gana Perù, possa condurre il Paese alla perdita di credibilità  internazionale e alla crisi economica che stanno vivendo Chavez in Venezuela e Morales e Correa rispettivamente in Bolivia e Ecuador.

Aleggia pessimismo, anche se va tenuto conto che Humala, al contrario dei propri dirimpettai, può contare su di una base di consenso popolare che complessivamente non supera il 30%, oltre che di un Parlamento estremamente frammentato e pronto a dar battaglia in caso di derive estremiste. Con questi numeri in Parlamento, non è immaginabile, se non con il ricorso alla forza, uno stravolgimento della Costituzione ed una soppressione delle libertà  di stampa, così come paventano alcuni.

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