by Editore | 23 Giugno 2011 8:04
ROMA – Un nuovo intervento sulle pensioni, oltre a quello di cui già si parla per le donne del settore privato. L’indiscrezione, rimbalzata ieri dal cantiere sulla manovra da 43 miliardi che il governo si appresta a varare tra il 28 e il 29 giugno, prospetta un nuovo aumento dell’età pensionabile per tutti gli italiani.
Il meccanismo, attualmente in vigore dopo la riforma del 2010, si chiama «adeguamento alla speranza di vita» e dovrà portare l’età di vecchiaia fino a 70 anni nel 2050: di fatto dal 2015 l’età pensionabile di anzianità e vecchiaia dovrà crescere di circa tre mesi ogni tre anni. Con la riforma ipotizzata per la manovra la partenza del nuovo meccanismo potrebbe venire anticipata di due anni, al 2013. In questo modo si cumulerebbero già da quell’anno l’aumento di tre mesi dovuto alla «speranza di vita» oltre alla cosiddetta «finestra mobile» (in vigore dal 2011) che di fatto allunga per tutti l’età pensionabile di un anno. A conti fatti, se andasse in porto l’intervento di cui si parla, nel 2013 l’età di vecchiaia (per gli uomini) sarebbe di 66 anni e tre mesi e quella di anzianità di 63 anni e tre mesi (per uomini e donne). Già nel 2020 entrambe dovrebbero salire a 67 e 64 anni.
Il fronte della manovra è ormai in grande movimento. Le cifre circolate ieri indicano il totale a 43 miliardi, con un intervento di 3 miliardi quest’anno, di 5 per il 2012 e di 35 per il biennio 2013-2014. Cifre che tuttavia non convincono il Nens, il centro studi che fa capo a Visco e Bersani, che ieri ha diffuso un rapporto in base al quale la correzione necessaria per raggiungere il pareggio di bilancio, vista la scarsa crescita, potrebbe arrivare a 50 miliardi.
La caccia alle risorse è febbrile e comincia a quantificarsi l’entità degli interventi: la previdenza sarebbe nel mirino non solo per il tema «speranza di vita». Al centro dell’attenzione anche le pensioni d’oro che superano otto volte il minimo (1,5 miliardi in dieci anni), l’aumento della contribuzione per i collaboratori e, come accennato, l’aumento dell’età per le donne del settore privato. Altre risorse si attendono dai tagli ai Comuni (circa 3 miliardi), dai tagli ai ministeri (5-6 miliardi), dalla sanità (5-6 miliardi), dal blocco del turn over e della congelamento degli stipendi pubblici, dalla riduzione dei costi della politica.
Assai caldo anche il fronte delle tasse. Dopo la conferma delle tre aliquote (rispetto alle cinque di oggi) e più basse da parte dello stesso Berlusconi si moltiplicano le simulazioni sugli effetti. La prima a scendere in campo è stata la Cgia di Mestre: se sarà confermata l’ipotesi di riforma del fisco circolata in queste ore, «a sorridere saranno soprattutto i contribuenti con redditi superiori ai 40 mila euro», ha detto Giuseppe Bertolussi. La Cgia calcola che, con le tre aliquote, chi guadagna sopra 70 mila euro avrà un risparmio di 2.370 euro, mentre chi va sopra i 100 mila risparmierà 3.170 euro.
Se gli effetti distributivi fanno discutere, il reperimento delle risorse scatena la polemica. Il possibile aumento dell’Iva trova l’opposizione della Cgil, delle associazioni dei consumatori e della Confcommercio. «La riforma del fisco cui guarda il governo parte con il piede sbagliato», ha detto il leader della Cgil, Susanna Camusso.
Sulla scorta delle critiche riprende quota l’idea di finanziare il taglio delle aliquote con lo sfrondamento delle detrazioni e delle deduzioni: in totale si tratta di 111,7 miliardi (di cui 42 “intoccabili” perché detrazioni da lavoro dipendente e pensioni) di cui Tremonti sembra intenzionato a tagliare il 10 per cento, circa 10-11 miliardi.
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