by Editore | 18 Giugno 2011 9:21
Il suo nome dice poco, ma tutti ricordano i cosiddetti Palestinian Papers, i documenti riservati che vennero pubblicati da al-Jazeera e dal quotidiano britannico The Guardian. Una vera bomba, che deflagrò nel cuore del sistema di potere di Fatah, a Ramallah
“I documenti mostrano quanto vili siano i leader palestinesi e come fossero disposti a svendere i diritti del loro popolo. Eppure tutto quello che offrivano non era sufficiente per Israele. Questa enorme quantità di documenti offre la prova inconfutabile di come anni di negoziati siano stati una sterile frode”. L’avvocato Clot non usa giri di parole, come tutti gli innamorati feriti. E nessuno, mai, potrà accusare Clot di non amare la Palestina, al punto da tornare dalla Francia nel 2007 per vendere la casa di Haifa dalla quale i suoi genitori partirono per l’esilio, come milioni di palestinesi, nel 1948. Colto e preparato, gli venne offerto un posto come negoziatore nello staff dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) che trattava con Israele la fine del conflitto. Diventa consigliere giuridico dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp), il congresso dei movimenti palestinesi che da anni è uno strumento del partito Fatah, quello di Arafat e dell’attuale presidente dell’Anp Mahmoud Abbas.
”I documenti chiariscono che è arrivato il tempo per i palestinesi, e per tutti coloro che sono interessati alla causa della giustizia, di abbandonare i giochi della diplomazia ufficiale e di seguire altri percorsi, più creativi e non-violenti, verso la realizzazione di una pace giusta ed effettiva”, dice Clot. E lo sa bene, perché durante il suo lavoro viene a contatto con documenti scottanti, molto compromettenti per Abbas e l’establishment di Fatah e dell’Anp. ”La decisione di renderli pubblici l’ho presa un anno prima di farlo. Mi resi conto subito che quei documenti riservati contenevano la truffa imposta al popolo palestinesi dai suoi leader, rifugiati ed esuli compresi. Il processo di pace è uno show, una farsa, che si gioca a danno del popolo palestinese e al prezzo del sangue versato a Gaza”.
Alla fine l’ha fatto. Il 23 gennaio 2011, alle 21, al-Jazeera e Guardian pubblicano in contemporanea i documenti che, come si scoprirà ufficialmente solo il 14 maggio 2011, Clot ha passato loro. Si tratta di quasi 1700 documenti. Migliaia di pagine di rapporti diplomatici sulle tensioni tra israeliani e palestinesi, risalenti al periodo tra il 1999 e il 2010. La più rilevante è sicuramente quella che riguarda Gerusalemme e che fu proposta durante l’incontro del 15 giugno 2008 alla presenza dell’allora ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, dell’allora premier dell’Autorità Palestinese, Ahmed Qurei, del negoziatore per l’Autorità Palestinese, Saeb Erekat, e dell’allora segretario di stato americano, Condoleeza Rice. Erekat offrì a Israele ‘la più grande Gerusalemme della storia’, concedendo allo stato israeliano l’annessione definitiva di tutti gli insediamenti di Gerusalemme Est, tranne quello di Har Homa, in cambio del riconoscimento dello stato palestinese.
Ma l’offerta fu rifiutata. Stesso discorso per il diritto al ritorno del palestinesi della diaspora e per la continuità territoriale con Gaza. Addirittura Abbas si dichiara pronto a non discutere sull’embargo che soffoca Gaza, pur di indebolire Hamas. Abbas riuscì anche a farsi negare buone condizioni di negoziati, pur rifiutando di cavalcare il rapporto del giudice sudafricano Goldstone[1] che definiva l’operazione Piombo Fuso a Gaza dell’esercito israeliano un crimine di guerra.
Un terremoto politico, mesi fa. Oggi un po’ dimenticato, sacrificato all’altare dellarealpolitik[2] e della politica di riavvicinamento tra Hamas e Fatah[3]. Ziyad Clot, grazie a un tour organizzato in Italia dall’International Solidarity Movement (Ism), che prevedeincontri pubblici oggi a Napoli, dopo quelli tenuti Roma, Milano e Savona, per finire lunedì prossimo a Torino. ”Mi sento rassicurato, perché adesso il popolo della Palestina ha saputo la verità . Per una soluzione giusta, quello di un unico Stato per tutti, serve una piattaforma politica nuova”.
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