P4, in manette Bisignani

by Editore | 16 Giugno 2011 7:48

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NAPOLI – Luigi Bisignani, la presunta mente della P4, da ieri è ai domiciliari. A chiederne la custodia cautelare i pm della procura di Napoli Francesco Curcio e Henry John Woodcock, coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Greco. Sono 19 i capi di imputazione, l’accusa è associazione per delinquere e associazione segreta. Tutto è cominciato con la fuga di notizie riguardanti due procedimenti: il primo della magistratura di Napoli nei confronti della commercialista Stefania Tucci e dello stesso Bisignani; il secondo su Finmeccanica della Procura di Roma. In entrambi è coinvolto, con pari accusa, anche l’ex magistrato, attuale parlamentare Pdl, Alfonso Papa che, nel caso Tucci in particolare, avrebbe rivelato l’esistenza di una richiesta di misura cautelare nei confronti della professionista. In cambio, Bisignani sarebbe intervenuto presso il coordinatore Denis Verdini per farlo inserire in un collegio sicuro, nelle elezioni del 2008. Su Papa, che rischia l’arresto, si pronuncerà  il 22 la Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Secondo i pm, sarebbero parte di un sistema informativo parallelo, in grado di infiltrarsi nelle procure e tra le forze dell’ordine, per acquisire informazioni utili a fabbricare dossier, agevolare o stroncare carriere, controllare appalti. Infatti a marzo sono stati perquisiti gli imprenditori Luigi Matacena (collaborazioni con la Protezione civile) e l’armatore Nicola D’Abundo.
L’inchiesta
Con Bisignani e Papa sono indagati anche il sottufficiale dei carabinieri di Napoli Enrico La Monica e l’assistente della Polizia di Stato Giuseppe Nuzzo. I quattro, insieme ad altri in corso di identificazione, avrebbero acquisito informazioni su procedimenti penali e ottenuto «dati sensibili» su esponenti di vertice dello stato. Un’associazione segreta con «attività  dirette a interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche a ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi di interesse nazionale». La Monica, in particolare, avrebbe rivelato notizie coperte da segreto in cambio dell’assunzione all’Aise, i servizi segreti militari. Nella P4 ci sarebbero «parlamentari della Repubblica, appartenenti alle forze dell’ordine e anche faccendieri». Papa, su richiesta di Bisignani, avrebbe acquisito informazioni su indagini penali che coinvolgono l’ex direttore generale della Rai Mauro Masi, Denis Verdini e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, aiutandolo a «eludere le indagini in corso». Una rete di rapporti in parte confermata dallo stesso Bisignani e dall’ex assistente parlamentare di Papa, Maria Elena Valenzano, ora nello staff del governatore Caldoro. Coinvolto pure il direttore dell’Avanti Valter Lavitola, quello volato ai Caraibi per il dossier Fini-Tulliani. Per i pm avrebbe sollecitato La Monica a fornirgli informazioni su un’inchiesta sul termovalorizzatore di Acerra, le notizie «dovevano essere pubblicate per danneggiare la reputazione di Bassolino» scrivono i pm. Papa avrebbe contattato diversi imprenditori promettendo appalti con l’Eni, la Pubblica amministrazione e la Protezione civile: «A lui – secondo i pm – Bertolaso non poteva dire di no» perchè si stava interessando dei suoi problemi giudiziari. Gli imprenditori ricambiavano pagando soggiorni presso l’hotel De Russie di Roma (4mila euro) o versavano somme (6mila euro) utilizzate per collaboratori del parlamentare e spese della segreteria napoletana. Un immobiliarista, invece, sarebbe stato intimorito, informandolo che era imminente un ordine di arresto per l’inchiesta Bnl della procura di Milano, in cambio del pagamento per due anni dell’affitto di un appartamento in via Giulia a Roma.
Bisignani e Papa
Negli ambienti romani, se chiedi chi è Luigi Bisignani, ti spiegano che è più potente dello stesso Gianni Letta. Ex giornalista dell’Ansa, radiato dall’Albo nel 2002, arrivato da Milano nella capitale con la laurea in economia, comincia l’ascesa nel mondo dell’informazione fino a entrare nell’orbita di Giulio Andreotti e del Vaticano. E’ di casa da Licio Gelli e diventa il più giovane affiliato alla P2 con la qualifica di «reclutatore». Faccendiere rampante, viene condannato a 2 anni e 6 mesi per aver portato una parte della tangente Enimont (108 miliardi) sul suo conto allo Ior, aperto per i aiutare i bimbi poveri. Coinvolto anche nelle inchieste sull’Alta velocità  e «Why not», ufficialmente è «executive vice president for international business del gruppo Ilte Pagine Gialle». Come denunciava ieri il Cdr del Corsera, Bisignani è legato alle aziende dei fratelli Farina, tra i possibili acquirenti del pacchetto di giornali della Rcs. Alfonso Papa è stato pm a Napoli, poi vice-capo di gabinetto del ministero della Giustizia all’epoca di Roberto Castelli, quindi direttore generale degli affari civili con Clemente Mastella Guardasigilli. Amico dell’ex Procuratore di Roma Achille Toro e del figlio, è parlamentare Pdl, componente della commissione sulle mafie.
La macchina del fango
Molti i testimoni eccellenti arrivati in procura a Napoli nel corso dei mesi: Gianni Letta, il ministro Mara Carfagna, il presidente del Copasir Massimo D’Alema, il vice presidente di Fli Italo Bocchino, Mauro Masi, il direttore centrale delle Relazioni esterne di Finmeccanica, Lorenzo Borgogni. Tutti nella rete di relazioni di Bisignani. Ad esempio, attraverso le intercettazioni, si scopre che c’è lui tra gli sponsor di Masi, con lui l’ex dg si consulta per trovare il modo di cacciare Michele Santoro dalla Rai. Con Bisignani si sfoga Roberto D’Agostino, anima del portale Dagospia, dopo che Bocchino lo ha accusato in diretta tv di volerlo ricattare con presunte foto sue e della Carfagna. E’ ancora lui ad avvisare il generale Adriano Santini della prossima nomina a capo dell’Aise, l’intelligence militare, accompagnandolo poi da D’Alema. Clementina Forleo può tornare al Tribunale di Milano. Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del Tar del Lazio che aveva annullato il provvedimento con cui il Consiglio superiore della magistratura aveva deciso il trasferimento a Cremona «per incompatibilità  ambientale». Il provvedimento – che risale al 2009 l’aveva costretta a lasciare il suo ufficio di Milano dopo alcune dichiarazioni fatte in tv (Annozero) e alla stampa. Il gip, ora trasferito a Cremona, potrebbe decidere di ritornare a lavorare al palazzo di Giustizia milanese.
«Mi avvalgo della facoltà  di non rispondere – ha risposto ieri Forleo commentando la notizia – ma non posso che essere contenta di questo risultato. Un risultato in cui ho creduto da sempre nonostante tante avversità  purtroppo anche interne al mondo della magistratura». E ora il Consiglio di Stato ha deciso. Non esistevano le condizioni per il trasferimento perché non era stata ravvisata l’impossibilità  del giudice di «svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità ».

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