Ogni anno in Italia mille minori afgani “invisibili”: ecco il loro viaggio impossibile
La locandina ROMA – In Italia ogni anno transitano a Roma circa mille minori afghani non accompagnati: li chiamano “i viaggiatori invisibili”, lasciano l’Afganistan per arrivare al Nord Europa, passando appunto per l’Italia. In mezzo, un viaggio interminabile e pieno di pericoli. La stima è di “L’Albero della Vita”, onlus impegnata da 14 anni sul fronte del disagio minorile, che oggi dà vita ad una conferenza sul tema in collaborazione con la Commissione Straordinaria per i Diritti Umani del Senato. Un’occasione per lanciare un appello alle parti sociali e alle istituzioni a tutti i livelli affinchè si dia la massima attenzione possibile a questo problema e si trovino idonee soluzioni in termini di normativa di diritto d’asilo e di pratiche d’accoglienza.
Quello dei minori afgani non accompagnati – viene detto – è un viaggio lungo 5000-6000 km, che può durare da alcuni mesi a diversi anni. Generalmente maschio, il “viaggiatore invisibile” ha tra i 15 e i 17 anni, a volte è orfano ma più spesso ha un genitore in vita: alla base della scelta di partire spesso c’è una decisione sollecitata dagli stessi genitori, che con grande sofferenza stimolano i figli ad allontanarsi da un contesto di grave rischio e disagio, dove i diritti fondamentali dei minori sono sistematicamente violati.
Prima tappa del viaggio è quasi sempre l’Iran (o anche il Pakistan), paese dove i minori si fermano illegalmente anche per mesi, alla ricerca di un lavoro e di soldi che servono per pagare i trafficanti di esseri umani che controllano i viaggi verso l’Europa. Una volta pagati i trafficanti, inizia il viaggio verso Ovest: i minori attraversano la Turchia, poi la Grecia e l’Italia, vivendo un’esperienza che mette a dura prova la loro stessa sopravvivenza. Obbligatorio – continua l’analisi di “L’Albero della vita” è il passaggio, spesso a piedi per evitare i posti di blocco, delle montagne tra Iran e Turchia: dal confine turco a Istanbul sono centinaia di chilometri attraverso il cuore dell’Anatolia, torrido d’estate e gelido d’inverno. Un percorso lunghissimo e traumatico, che spesso inizia con una detenzione forzata di diversi giorni nei doppi fondi di camion e autobus in attesa che i trafficanti ricevano la conferma dell’avvenuto pagamento del viaggio da amici e parenti dei ragazzi. Ma il momento peggiore arriva subito dopo, quando i migranti sono costretti ad attraversare il tratto di mare tra Turchia e Grecia con piccoli gommoni, in piena notte e in balia delle correnti, con il rischio di essere intercettati dalla polizia turca o bloccati dalle condizioni del mare. In Grecia si prosegue verso Patrasso, dove i minori restano anche mesi e mesi in attesa di imbarcarsi di nascosto su un traghetto per l’Italia (soprattutto Bari, Ancona, Venezia), nascondendosi in camion e container o aggrappandosi ai semiassi degli automezzi.
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