Nuovo cinema horror in dialetto e a bassi costi

by Editore | 4 Giugno 2011 6:30

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ROMA – C’è il Sin City “de’ noantri” con Andy Garcia che sentenzia nella Roma resa fumetto in bianco e nero: «Two guns is better than one». E poi l’horror satanico, girato in dialetto friulano con litri di sangue, e il marchigiano esistenzialista che affronta in chiave dark il rapporto tra istinto animale e umana cattiveria.

Il nuovo cinema horror attraversa l’Italia. Poggia sul talento d’ogni regione, sul basso budget del cinema indipendente e gli effetti speciali fai da te. Gli autori, dai 30 ai 50 anni, hanno in comune una passione infinita per i maestri del genere (Dario Argento, Mario Bava, Pupi Avati, ma anche Roger Corman e David Lynch) e, spesso, una doppia vita: di giorno insegnano nelle scuole, fanno i registi tv, girano spot e speciali di moda. Ma, di notte, aprono la creatività  e il portafogli per opere ambiziose e spesso riuscite.
A tutti loro il Fantafestival che s’apre a Roma il 9 giugno (al Nuovo Cinema Aquila) dedica una rassegna, che presenta giovani esordienti e celebra autori già  di culto. È uno di questi Lorenzo Bianchini: nato a Udine 42 anni fa, appassionato fin da bambino di leggende in friulano, ha usato il dialetto in I dincy de Lune (I denti della luna) e Lidris cuadrade de tré (Radice quadrata di tre), incentrati su licantropia e satanismo. Bianchini, che insegna all’istituto tecnico, ha girato con l’aiuto di volontari e delle istituzioni: «strutture scolastiche e biblioteche vescovili non si sono mai negate a fare da set». Per questo Lidris cuadrade è costato appena 350 euro «spesi in macelleria per comprare stinchi di maiale da usare come arti mozzati». Il film racconta di studenti che tornano a scuola di notte per falsificare dei compiti e nei sotterranei scoprono l’attività  satanica dei loro professori: «Uscito in Italia in dvd – dice Bianchini – il film ha fatto il giro del mondo: ho scoperto recensioni sui siti americani e su riviste francesi».
Il più conosciuto all’estero è Gabriele Albanesi, 33 anni, romano, autodidatta. Il suo Il bosco fuori, storia di cannibalismo con truculenti effetti speciali firmati dal maestro Sergio Stivaletti, è stato distribuito in America dalla GhostHouse di Sam Raimi e venduto in Giappone, Spagna, Thailandia, Russia. «Grazie ad artisti come Dario Argento e Mario Bava, l’horror italiano è guardato con attenzione all’estero. In Italia invece per avere un finanziamento ti devi buttare sui film sociali e le commedie». Il bosco fuori è costato 45 mila euro, ne ha incassati 100 mila. Roberto Di Vito, 50 anni, romano, è il più anziano del gruppo. Il suo Bianco, storia di un rapimento sbagliato che sfocia in un dramma esistenziale, è costato 10 mila euro, che il regista ha messo di tasca sua: «Faccio da solo anche la promozione e l’ufficio stampa del film, una fatica a tempo pieno», racconta Di Vito, alle spalle un’esperienza come docente e realizzatore di backstage cinematografici. Per lui «l’horror è stato un pretesto per girare un film d’autore».
Anche per Antonio Monti, nato a Forlì 34 anni fa e da settembre regista del programma Le iene, il genere horror un pretesto per un racconto autoriale. Monkey Boy, ragazzo scimmia allevato in segreto da una contadina che si ritrova libero nel mondo a sperimentarne il dolore è la metafora tra l’istinto bestiale e la lucida crudeltà  umana: «Per un film come questo – spiega Monti – è fondamentale il circuito internazionale dei Festival horror». E proprio il direttore del Festival Fantastico di Amsterdam farà  uscire il film in dvd in Olanda. Punta sui freaks, sui mostri, anche Dario Cioni per quella che doveva essere una serie video sul web ma che s’è impantanata causa fallimento dei produttori: «Tigri di carta è un film di mostri, l’idea era di far incontrare Sin City con Fantasmi a Roma. Racconta di due agenti del paranormale, Rocco Papaleo e Alessandro Haber, inviati a caccia di entità  fuori controllo». Nel film, che con 100 mila euro di budget e il cast famoso è il kolossal del gruppo, oltre al cameo di Andy Garcia, ci sono quelli di Valentina Cervi, Gianna Nannini, Valeria Golino e dello scomparso Mario Monicelli.
È stato accostato ad Arancia Meccanica e Pulp Fiction dai critici internazionali Bumba Atomika, del 36enne Michele Senesi, di Recanati. Il suo film, imbottito di violenza, si rifà  piuttosto alla commedia all’italiana di Dino Risi, a I mostri, «ma la commedia grottesca oggi ha bisogno di una violenza esponenziale», spiega. Bumba atomika non ha trovato un mercato: «Non è incasellabile in un genere. Ma poiché mi autoproduco, ho voluto spingere il pedale creativo. Non voglio fare l’ermetico, faccio il cinema per il grande pubblico, ma cerco di farlo da regista libero».

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