by Editore | 11 Giugno 2011 6:06
Sono gli operai dei cantieri liguri della Fincantieri (Sestri Ponente, Riva Trigoso, Muggiano) e gli impiegati della direzione generale di Genova. Saranno una ventina in tutto, lavoratori che hanno scritto la storia degli ultimi trent’anni del cantiere e colleghi più giovani. Lo salutano, gli stringono la mano e poi gli consegnano una lettera, un appello a salvare quei cantieri che, non più tardi di un paio di settimane fa, il piano industriale cancellava o riduceva ai minimi termini. Ora il piano è stato ritirato, ma i problemi restano tutti, spiega la lettera. E occorre intervenire al più presto per ridare vita, cioè navi, alle banchine. «Le chiediamo grande attenzione alla nostra vicenda» esordiscono, consegnandogli poi un volumetto sulla storia del più antico dei cantieri, quello di Sestri Ponente, dove la prima nave è stata la “Giglio”, una cisterna galleggiante per la Regia Marina costruita nel 1883. E’ qui che Napolitano li spiazza una prima volta. «La storia la so, è più importante capire che succede adesso», spiega. Poi, la seconda mossa a sorpresa. «Perché non venite al ristorante con me?». Il rigido cerimoniale che accompagna le visite del capo dello Stato è sconvolto, i sindacalisti si guardano un attimo negli occhi. A suggerirgli la mossa è il presidente della Liguria Claudio Burlando, legato da un rapporto di lunga amicizia con Napolitano, regista dell’operazione, che le sta tentando davvero tutte per salvare i cantieri liguri, uno degli ultimi baluardi industriali della regione. «Va bene, grazie, ma una mano ce la dà , presidente? – lo incalzano gli operai – Devono essere sbloccati gli ordini per quattro grandi Fregate, altrimenti Riva non avrà più lavoro. Il piano era già stato finanziato, ma ci hanno detto che sono sopraggiunte altre priorità ». «Conosco bene quel cantiere – risponde il Capo dello Stato – ci sono stato una trentina d’anni fa, con mio figlio ancora ragazzino. I tempi sono complicati e quanto alle priorità , sono tutte e nessuna. Il sostegno degli investimenti pubblici è fondamentale, ma non può bastare. Ma ora andiamo a mangiare».
Dalla banchina al ristorante ci saranno una cinquantina di metri, ma è un continuo sporgersi di mani, di saluti, di telefonini che scattano foto. Impressiona soprattutto la quantità di gente che gli si rivolge dandogli del “tu”. Si fa vicino un anziano signore: «Giorgio, ti ricordi di me? Ci siamo conosciuti settantacinque anni fa a Torino!». Una giovane lo chiama da un balcone: «Sei grande». Lui che indossa un cappellino di cotone per ripararsi dal sole, se lo toglie, lo sventola e poi lo rimette. Così una cinquantina di volte. «Queste manifestazioni di affetto danno l’impressione di un Paese che si aggrappa a un solo uomo – commenta Burlando – Qui, poi, alla Spezia, la tradizione comunista è ancora forte e molti continuano a vedere in lui il dirigente comunista che è stato». Confiderà più tardi Napolitano allo stesso Burlando che queste manifestazioni d’affetto, comuni in ogni sua visita, lo rendono felice, ma un po’ anche lo preoccupano, perché i punti di riferimento istituzionali dovrebbero essere più d’uno.
Al ristorante Iseo, sulla passeggiata a mare di questa perla del Golfo, il proprietario Giuseppe lo accoglie schierando le cuoche in tricolore. I tempi sono stretti, il presidente si siede al tavolo con i rappresentanti delle istituzioni, gli operai si mettono al tavolo a fianco. C’è tempo per un branzino ai ferri, una macedonia e un bicchiere di Vermentino di Luni. Il programma è serrato, il presidente deve ritornare alla Spezia, incontrare gli operatori del porto, la delegazione italiana che partecipa agli Special Olympics (atleti con disabilità intellettiva), far visita all’Oto Melara. Ma mette da parte il piatto e comincia a leggere la lettera che i lavoratori gli hanno appena scritto, invitandolo a sostenere un vero piano di rilancio che non passi solo ed esclusivamente attraverso tagli e chiusura di cantieri. Poi si alza e raggiunge il loro tavolo, allargando le braccia, come a volerli tutti quanti stringere in un abbraccio. Qualcuno si commuove, altri applaudono, ma lui li incalza. «Ho letto la vostra lettera, è scritta molto bene e dice chiaramente una cosa che condivido: il posto di lavoro non regge soltanto con la finanza, serve la produzione». Poi un altro colpo a sorpresa, il terzo della giornata, dopo l’invito a guardare avanti, più che al passato, e l’invito a pranzo. «Ho un suggerimento forte da darvi, fate voi le proposte per rendere più competitivi i cantieri. Ormai viviamo nel mondo globale e per reggere alla concorrenza servono prodotti di qualità , in cui è fondamentale il ruolo dell’alta tecnologia. Voi avete la conoscenza, la professionalità . Nessuno meglio di voi può fare delle proposte per tutti i settori in cui opera il vostro gruppo». È un po’ come un invito a far riscrivere il piano industriale. Cominciando da quelli che le navi le costruiscono davvero.
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