Moody’s, faro anche sulle aziende pubbliche

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ROMA – Non solo l’Italia. Ora Moody’s mette sotto osservazione per un possibile declassamento anche il rating delle principali società  pubbliche nazionali: Enel, Eni, Finmeccanica, Poste e Terna. La notizia, diretta conseguenza della prima mossa dell’agenzia, arriva al termine di un giorno difficile per i mercati. Le Borse di mezza Europa patiscono le incertezze sulle sorti della Grecia. Milano soffre di più perché ai guai di Atene somma appunto lo spettro di un downgrade del paese da parte di Moody’s. Il risultato è che ovunque nel vecchio Continente – da Londra a Parigi, da Francoforte a Madrid – i listini chiudono in rosso, anche se in chiusura i danni vengono limitati. Non è il caso di Milano che lascia comunque sul tappeto un 2% del proprio valore. Perfino Atene va meglio, con un meno 1,96%. L’euro oscilla nei riguardi del dollaro. Fibrillano gli spread, cioè i differenziali tra i titoli dei paesi periferici di Eurolandia e il bund tedesco.
Come sempre accade sui mercati quando vi sono tensioni profonde, gli operatori si mettono a seguire questa o quella dichiarazione. Nel caso specifico, poiché sono riuniti i ministri dell’Eurogruppo, finiscono per avere un grosso peso le parole del presidente di questo organismo, Jean Claude Juncker. Così, quando afferma che l’Italia non sarebbe «in pericolo», correggendo in qualche modo il tiro dopo le affermazioni del week-end, anche la forbice tra il Btp a 10 anni e il bund tedesco si restringe a 189 punti. Nel corso della giornata, però, arriva perfino a quota 194,2, di poco sotto al record di 200 toccato lo scorso giovedi, ma comunque 9 punti in più rispetto al passato venerdi. «Non credo che domani Italia e Belgio debbano tremare. Ho solo voluto mettere in guardia contro azioni imprudenti che possano scatenare reazioni irrazionali da parte dei mercati», precisa Juncker. La sua dichiarazione influenza anche il corso dell’euro che «riaggancia» quota 1,43 sul dollaro, dopo essere precipitato anche a 1,4191.
Ma la situazione in Europa resta incerta. I denari per Atene sono rinviati, una riunione straordinaria dell’Eurogruppo è già  convocata per il 3 luglio e una nuova missione di supertecnici Ue e Fmi è già  al lavoro in Grecia per «correggere» il piano di austerity del paese. Inevitabilmente, riaffiora la paura di un contagio. Ne fanno le spese i Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna), cioè i paesi-maiale secondo uno sprezzante acronimo anglosassone. L’andamento degli spread è lo specchio di queste paure. E infatti quello tra i titoli decennali ellenici e il bund balza di 40 punti base a 1.438 punti, quello del Portogallo vola ad un nuovo record storico (821 punti) e quello della Spagna sale a 263 punti. Il Financial Times scrive: «Alcuni analisti pensano che la Spagna sia l’ultimo bastione per la sopravvivenza dell’euro” mentre forse “la battaglia finale sarà  combattuta” in Italia “e si concluderà  con Roma che ne verrà  fuori come l’eroe o il cattivo” che deciderà  il futuro della moneta unica. Chissà . Di sicuro «la crisi del debito sovrano è gestibile ma bisogna fare molta attenzione», ammonisce John Lipsky, capo pro-tempore del Fondo monetario. In uno speciale report dedicato alla zona euro, il Fmi reclama «più coesione e cooperazione» nel modo di fronteggiare la crisi. E suggerisce una «azione politica forte» per risolvere i problemi di Eurolandia.

 


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