«Qui si incontrano le due sponde»

by Editore | 25 Giugno 2011 8:28

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Guarda molto all’altra sponda del Mediterraneo il Meeting antirazzista di Cecina, organizzato dall’Arci e promosso dalla regione Toscana e dagli enti locali della provincia di Livorno, che parte stasera e si chiude il 2 luglio. Il Mia è ormai arrivato al diciassettesimo anno, e si affaccia alla maggiore età  con molte consapevolezze: una di queste è che gli intrecci che, spesso faticosamente, sono stati messi in campo negli anni scorsi danno oggi i suoi frutti. Eccome se li danno. Il programma (http://meeting.arcitoscana.it) è ricchissimo, dibattiti, presentazione di libri, cinema e teatro, confronti sui nodi politici che accompagnano da anni le lotte antirazziste come quello della rappresentanza e quello che si affaccia sempre più prepotentemente delle giovani generazioni. Ma su tutto spicca quest’anno il Forum “Il vento del cambiamento” – da lunedì a mercoledì – un incontro con i protagonisti delle rivolte arabe, che arriveranno in massa. Sono infatti sessanta gli ospiti previsti nelle sei sessioni. E non è un caso, perché per il Mia è quasi un «ritorno». I protagonisti di quelle rivolte sono di casa a Cecina: negli anni passati, quando si parlava di respingimenti, quando si analizzava la situazione a Lampedusa, quando si discuteva sulle retoriche razziste europee e sulle scelte politiche italiane, mai si è perso d’occhio l’altra sponda. Ospitando e mantenendo un filo diretto con le organizzazioni civili in Tunisia, Marocco, Egitto e in tutta l’area euro mediterranea. Era il fuoco che bruciava sotto la cenere. Ne parliamo con Raffaella Bolini, responsabile internazionale dell’Arci.

Un po’ di soddisfazione c’è, o no?
La soddisfazione in realtà  è tanta, e non è ovviamente solo dell’Arci. Ma di tutti quelli che, molti in Italia, hanno capito da anni come nella riscrittura di “un altro mondo possibile”, soprattutto dopo l’era Bush, non si potesse usare un vocabolario che non parlasse anche arabo.
Il titolo del Mia di quest’anno è «Luoghi comuni», giocando sulle retoriche sull’immigrazione e sulla necessità  di creare nuovi spazi pubblici. E il Forum?
Si iscrive perfettamente in questo quadro, non a caso il Forum si inserisce nell’ambito dello spazio Euro- Maghreb-Mashreq del Forum sociale e vuole essere uno spazio pubblico, in cui chiunque possa inserire iniziative, campagne, incontri nella costruzione del prossimo Forum mondiale.
Che nel 2013, si terrà  in un paese del Nord Africa, ci racconti come ci siete arrivati prima di tutti?
Ovviamente non è un caso, a dimostrazione di come, comunque si voglia vedere la cosa, il Forum sociale è ancora la più grande organizzazione mondiale della società  civile. Certo, quando cominciammo a dire al Consiglio internazionale del Forum, che era importante coinvolgere l’area del Maghreb e del Mashreq all’inizio ci guardavano come marziani. In America Latina questo mondo sembra distante. Alla prima riunione a Casablanca, nel 2008, quando sono arrivati gli indiani, i cinesi, i brasiliani, gli statunitensi, abbiamo appeso una cartina geografica al muro. Ora che le primavere arabe sono diventate un paradigma internazionale a ripensarci fa venire i brividi.
E’ partito tutto da lì?
Certo che no. In quei paesi abbiamo assistito a delle vere e proprie rivoluzioni popolari. I protagonisti della società  civile organizzata erano quelli che, in tutti questi anni, hanno tenuto acceso il cerino, ma anche loro sono stati travolti da quello che è accaduto. E anzi, adesso hanno il problema di dover essere all’altezza della sfida che gli si presenta. In questo possiamo aiutarli, perché non c’è dubbio che la prima cosa che deve cambiare sono le nostre politiche, ma sono soprattutto loro che possono aiutare noi.
Come?
Bisogna ricominciare a pensare e ad agire all’interno di dinamiche di democratizzazione dei rapporti. La Commissione europea è già  sulla cattiva strada quando tira fuori un documento in cui, aldilà  dei pomposi riconoscimenti al cambiamento arabo, dice che bisogna rafforzare Frontex e che l’Europa è disponibile ad aiutare i paesi solo a patto che essi continuino ad accettare le politiche di privatizzazione e liberalizzazione dei servizi. E’ un discorso che ci riguarda da vicino, pensiamo alla Grecia e al Portogallo. 
E la questione dell’immigrazione?E’ un argomento cardine: le politiche dell’immigrazione, intimamente legate al liberismo, sono state la faccia più feroce dei rapporti neocoloniali. Proprio per questo abbiamo scelto di aprire questo confronto a Cecina. Tutto il lavoro sui migranti, sulle frontiere, ha a che fare con queste rivoluzioni e con il futuro di queste rivoluzioni.

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