L’Italia s’è desta e supera il quorum
ROMA – Se gli italiani volevano dire la loro in fatto di energia nucleare, acqua pubblica e legittimo impedimento, beh questa volta lo hanno fatto in massa e il messaggio partito dalle urne con destinazione palazzo Chigi non avrebbe potuto essere più chiaro di così. L’affluenza al voto è stata infatti altissima per ciascuno dei quattro quesiti e si attesta sul 57% permettendo così di raggiungere il quorum per la prima volta dopo 16 anni. Una soglia che metterebbe il successo al riparo anche dall’incognita rappresentata fino all’ultimo dal voto degli italiani all’estero e che ha dato seguito a una vittoria schiacciante su ciascuno dei quesiti proposti a partire dai due sull’acqua, che hanno ottenuto rispettivamente il 95,74% e il 96,21% di Sì contro il 4,26% e il 3,78% dei No, per finire con il nucleare, 96,61% di Sì e No al 5,39%, e il legittimo impedimento, Sì al 95,03% e No al 4,97%.
Ventiquattro anni dopo il primo referendum sull’atomo (era il 1987) gli italiani non hanno dunque cambiato idea. Una bocciatura che si estende anche a leggi viste più come espressione degli interessi di una parte (o di una sola persona) che della collettività . Ma la giornata di ieri è stata caratterizzata anche da esternazioni suonate come veri e propri tentativi di influenzare il voto. Come quando Silvio Berlusconi, durante la conferenza stampa a Villa Madama con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, e a urne ancora aperte, si è lasciato andare affermando che l’Italia «probabilmente a seguito di una decisione che il popolo italiano sta prendendo in queste ore, dovrà dire addio alla questione delle centrali nucleari e quindi dovremo impegnarci fortemente sul settore delle energie rinnovabili». Ma anche come l’annuncio fatto dal ministro degli Interni Roberto Maroni che, quando mancavano ancora tre ore alla chiusura dei seggi, ha avvertito che ormai si era raggiunto il quorum. Tutte parole lette come tentativi di convincere gli italiani che potevano risparmiarsi il viaggio fino ai seggi. Per fortuna non è stato così.
Nei giorni scorsi si è detto più volte che il voto non doveva rappresentare un referendum pro o contro Berlusconi. Ed è certamente così anche se ieri Bersani e Di Pietro già litigavano sul futuro del governo. Ma è indubbio che per la maggioranza il segnale giunto sia chiarissimo. Gli inviti a non andare a votare fatti dal premier e da Bossi e da molti ministri sono stati infatti ignorati da molti governatori e dall’elettorato di centrodestra che ha chiaramente disobbedito alle indicazioni di leader ormai sempre meno interessati alla ricerca del consenso e sempre più inclini a imporre le loro scelte. Un segnale che è molto più di un campanello di allarme per la Lega, che vede gli italiani correre alle urne proprio nelle regioni del Nord dove ritiene di essere più radicata. Prima fra tutte il Trentino Alto Adige, dove l’affluenza ha fatto registrare il 64,6%, e poi a ruota Piemonte (59%), Valle d’Aosta (61%), Lombardia (54,4%), Veneto (58,9%), Friuli Venezia Giulia (58,2%), Emilia Romagna (64,2%) e Toscana (63,6%). Anche se il quorum è stato superato ovunque, segnano il passo le regioni del Sud, con la Calabria a fare da fanalino di coda con il 50.4% dei votanti.
Stesso discorso vale per i capoluoghi di provincia. Tra le città in cui si è votato di più ci sono Milano con il 52% Genova col 61%, Venezia con il 60,8%, Trento con il 64,4%, Bolzano con il 62%, Aosta con il 59,4% e Torino con il 60,1%. La «sberla», per usare le parole utilizzata ieri dal ministro Roberto Calderoli, è arrivata fino a Gemonio, paese o cui vive il leader della Lega Bossi e dove l’affluenza ha toccato il 52%. Unica consolazione, se così si può dire, il Carroccio la ottiene a Varese, città natale di Maroni, dove il quorum è stato sfiorato ma non raggiunto con il 49.8% dei votanti.
Da segnalare infine Montalto di Castro, in provincia di Viterbo e una delle località indicate come possibili siti delle nuove centrali nucleari dove l’affluenza al voto è stata del 66%.
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