Libia, la Nato ammette vittime civili “Un missile fuori bersaglio a Tripoli”

by Editore | 20 Giugno 2011 7:32

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Per la prima volta dall’inizio degli attacchi sulla Libia, l’Alleanza atlantica ammette di aver commesso un errore durante uno dei suoi bombardamenti su Tripoli, e di avere fatto vittime civili. Già  ieri pomeriggio i portavoce spiegavano che «la Nato è pronta a scusarsi se sarà  verificato che i suoi attacchi hanno causato la perdita di vite umane innocenti». Ma alle 21,47 una e-mail partita dal comando alleato di Napoli ha spiegato che a causa del malfunzionamento di una bomba, nella notte fra venerdì e sabato era stata colpita una palazzina civile. È stato il capo delle operazioni in persona, il generale canadese Charles Bouchard, ad ammettere l’errore, confermando le scuse dell’organizzazione e soprattutto il fatto che i controlli continueranno ad essere eseguiti col massimo scrupolo. La bomba incriminata era stata lanciata venerdì notte in un quartiere orientale di Tripoli, Al Arada, una zona dietro Suk Al Jouma in cui l’esercito gheddafiano nascondeva alcuni lanciarazzi. Ma nella palazzina di due piani colpita per errore non c’erano militari, soltanto 4 o 5 famiglie. Il regime ha mostrato nove corpi estratti dalle macerie, fra cui alcuni bambini. 

Se questa è la notizia “militare” del giorno, dall’Observer invece arrivano informazioni molto precise su Muhammar Gheddafi, sul suo ruolo nell’ordinare la repressione dei ribelli e dei civili e sulle nuove prove che potrebbero incastrare il leader libico. Il settimanale britannico ha visto documenti che sono nelle mani dei ribelli di Bengasi: ci sono lettere di Gheddafi che ordina ai generali di circondare e sigillare la città , di non lasciar entrare viveri e carburante, di lasciar morire di fame di cittadini. «Che il mare blu di Misurata diventi rosso con il sangue dei suoi abitanti», scrive il colonnello in una lettera del 4 marzo, due settimane dopo che la città  era caduta nelle mani degli insorti. Il colonnello dà  ordini al generale Yussef Ahmed Basheer Abu Hajar, chiedendogli di tagliare tutti i rifornimenti, di torturare i prigionieri e bombardare obiettivi civili. Un’altra lettera ordina di dare la caccia a due ribelli feriti fuggiti a Zlitan, in una chiara violazione della Convenzione di Ginevra che vieta le azioni militari contro i combattenti feriti. Secondo i giornalisti dell’Observer, gli avvocati dei ribelli hanno altri documenti che non hanno voluto mostrare: si tratterebbe di ordini di Gheddafi in cui chiede di distruggere le città  passate con gli insorti senza curarsi in nessun modo della vita dei civili.
Detto questo, Gheddafi continua a resistere egregiamente nella parte di Libia che è ancora sotto il suo controllo: ieri Abdurrahman Shalgam, ex ambasciatore Onu e a Roma, uomo di primo piano nel tentativo di accreditare i ribelli nel mondo e molto informato su quanto accade nel circolo ristretto attorno a Gheddafi, si è presentato a San Marino in coincidenza con la visita del papa per convincere la repubblica a riconoscere il Cnt di Bengasi. Shalgam, che era accompagnato dall’ambasciatore a Roma Hafed Gaddur, ha detto a un giornale arabo di essere convinto che «Gheddafi fuggirà  dal paese, è inseguito da un mandato di cattura internazionale e sta perdendo terreno nel paese». Shalgam racconta che «gli insorti di Misurata avanzano verso Zlitan, le cose subiranno un’accelerazione nella prossima settimana, anche a causa di fratture interne alle forze di sicurezza di Tripoli e alle dimissioni di altre personalità  del governo». Ma il colonnello ormai è stato dato per spacciato troppe volte per poter credere anche a quest’ultima previsione di sconfitta.

 

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