Libia, a Roma l’assemblea dei capi tribù

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La guerra e i bombardamenti non riescono a convincere Gheddafi a cedere il potere. Ma nel frattempo la macchina politica gira a pieno regime, già  provando a disegnare quella che sarà  la Libia del dopo-Gheddafi. Il ministro degli Esteri Franco Frattini firma oggi a Napoli con il presidente del CNT Jalil un accordo sull’immigrazione illegale. È il primo segnale di disponibilità  dei ribelli libici a gestire assieme all’Italia un fenomeno che sta gettando nello sgomento la maggioranza del governo Berlusconi.
L’accordo, di cui Repubblica ha potuto vedere il testo, non è un’intesa concretamente esecutiva, ma sembra avere una doppia valenza politica: innanzitutto conferma che anche la Libia del dopo-Gheddafi sarà  impegnata contro il traffico di essere umani, e sicuramente lo farà  in maniera più rispettosa dei diritti umani rispetto al regime Gheddafi. Ma poi l’accordo conferma il fatto che il Ministero degli Esteri è riuscito in qualche modo a convincere i ribelli a intervenire nel dibattito politico interno italiano. Sarà  un’intesa capace di tranquillizzare la Lega e permettere al governo Berlusconi di continuare ad essere coinvolto nelle operazioni militari in Libia. In altre parole, un testo immediatamente spendibile dai ministri leghisti di fronte al popolo di Pontida.
C’è poi una seconda operazione politica, anche questa accelerata dalle perplessità  di parte del mondo politico e delle opinioni pubbliche occidentali, che è maturata in queste ore a Roma. «Il 25, 26 e 27 giugno a Roma favoriremo l’organizzazione di una «Conferenza del dialogo libico» a cui parteciperanno 300 esponenti di tutte le regioni e le estrazioni politiche della Libia», dice il ministro degli Esteri Franco Frattini: «Noi pensiamo che la road map per la costruzione di un percorso democratico che doti la Libia di una sua Costituzione e di un processo di costruzione delle sue istituzioni democratiche non debba attendere la fine delle operazioni militari». La Grande Assemblea è stata decisa in una riunione che si è tenuta proprio a Roma il 12 giugno: fra i principali promotori ci sono Abdurrahman Shalgam, ex ambasciatore all’Onu di Gheddafi, e l’ambasciatore a Roma Hafed Gaddur. «Vogliamo iniziare a discutere dei temi che saranno centrali nella costruzione del nuovo stato libico», dice uno degli organizzatori, «dalla sicurezza, all’economia, alla riconciliazione nazionale». Un percorso inevitabile e necessario, che però stride col fatto che in Libia Gheddafi resiste mentre le operazioni militari creano problemi seri ai governi della Nato. Negli Stati Uniti il presidente Obama è stato costretto a rispondere ai deputati che lo hanno accusato di aver abusato dei suoi poteri: la Casa Bianca sostiene che gli Usa non sono impegnati in una «guerra» vera e propria, ma in un’operazione militare per la quale il presidente ha tutti i poteri di dare ordini alle forze armate.


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