by Sergio Segio | 29 Giugno 2011 15:18
Gli organismi internazionali, per nostra fortuna, ci obbligano, prima o poi, a riflettere sulle nostre posizioni e a ricordarci che viviamo in una società globale, multietnica e multiconfessionale, ed è ai bisogni e alle aspettative di questa nuova comunità che governi e istituzioni nazionali devono rispondere. Indipendentemente dall’esito della valutazione del ricorso, il caso della coppia calabrese, ha un valore emblematico in sé. I genitori sanno di essere entrambi portatori sani di fibrosi cistica, una grave malattia ereditaria, che si trasmette ai figli in un caso su quattro. Lo sanno con dolorosa certezza, dopo l’esperienza di un primo figlio che ha sviluppato la malattia, e successivamente l’aborto di un feto anch’esso malato. Ora, in Italia, questa famiglia ha solo due alternative: rinunciare al desiderio di avere un figlio sano, oppure rischiare fortemente e consapevolmente di mettere al mondo un altro figlio con la fibrosi cistica. A differenza della maggioranza dei Paesi europei, da noi infatti la diagnosi pre-impianto (che rappresenterebbe la possibile via di soluzione al dilemma) è illegale. Chi promuove e difende questo divieto, agita lo spettro dell’eugenetica. Ma io trovo che sia profondamente ingiusto non riconoscere, e anzi screditare, il desiderio legittimo di una coppia di avere un bimbo sano. L’obiettivo della diagnosi pre-impianto è infatti dare la possibilità anche a chi è portatore di una malattia genetica di non trasmetterla ai propri figli perché permette di impiantare nell’utero della mamma, tra gli embrioni prodotti in vitro, quello che non ha il difetto genetico. Rinunciare all’indagine genetica degli embrioni significa quindi un ingiustificabile passo indietro nella scienza, per ritornare ad una situazione ad alto rischio, e senza poter invocare la casualità . Io penso che lo studio prima dell’impianto offra invece una straordinaria possibilità di vita. Quale genitore non vorrebbe, potendo, avere un figlio sano e non condannato alla sofferenza? E perché mai chi è portatore di una malattia genetica dovrebbe essere privato di questa possibilità ? Stiamo parlando qui del desiderio di maternità e paternità , che è il più antico e naturale del mondo, e del problema della tutela di questo desiderio per le generazioni future. Il mondo occidentale si trova di fronte ad una delle prospettive più inquietanti della sua storia : un futuro senza bambini. La crescita dell’infertilità , soprattutto maschile, associata alla difficoltà procreative della donna, sono conseguenze scientificamente logiche della progressiva evoluzione dei modi vita. È antistorico, oltre che impossibile da realizzare, ritornare ai modelli di vita di uomo e donna di più di cento anni fa, quando la prima gravidanza avveniva prima dei vent’anni e ogni coppia aveva 10 o 15 figli. Oltretutto nessuno lo vorrebbe. Per questo sostengo che la legge 40 è una legge contro il mondo femminile, che dell'”imperativo biologico” di avere figli, è il portavoce. Le donne devono essere aiutate e non ostacolate nella realizzazione del loro progetto di maternità , che affrontano sempre più di frequente con scelte e in condizioni difficili. Non è un caso che lo ricordi all’Italia un organismo che si occupa della salvaguardia dei diritti umani.
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