by Editore | 22 Giugno 2011 8:33
ROMA – La stanza dei bottoni esiste. Fisicamente. È uno studio di dimensioni contenute, avvolto in boiseries e moquette azzurra, nascosto in un angolo remoto e quieto della centralissima Piazza di Spagna. Un piccolo bunker che Bisignani mai avrebbe immaginato potesse essere espugnato.
Lui sapeva di essere intercettato. Lo aveva detto chiaramente al ministro Stefania Prestigiacomo, che aveva reagito con un urlo di disperazione: «Se è così mi rovini!». Perciò il lobbista che sta facendo tremare Palazzo Chigi cambiava schede telefoniche come fossero canottiere, convinto che sarebbe stato uno dei suoi tanti cellulari il cavallo di Troia che avrebbe prima o poi perduto lui e l’infinita schiera di amici e questuanti con cui era solito conversare da mattina a sera. Quello che però sottovalutava è l’efficacia del dispositivo utilizzato dalla Procura di Napoli per ascoltare tutto quello che accadeva nel suo privatissimo regno, quel fortino inaccessibile ai comuni mortali dove si decidevano le sorti del Paese, crocevia inestricabile di nomine e appalti, in Eni e Trenitalia, banche e Finmeccanica, senza disdegnare le manovre del governo, le beghe della Rai, il gossip su capitani d’industria e sottosegretari. Un sofisticato sistema di registrazione informatico che, attraverso il suo personal computer, era in grado di captare le chiacchiere della fedelissima segretaria Rita Monteverde e di tutti gli ospiti in visita pastorale. Si chiama “Querela” il file inviato tramite una mail truccata il 2 novembre 2010, quello che nei giorni successivi ha individuato il portatile Sony del faccendiere e lo ha “colonizzato”, trasformandolo in una gigantesca microspia senza neppure l’ausilio di provider esterni. Una manna per gli investigatori. «Le intercettazioni ambientali» spiegano i pm napoletani negli allegati all’ordinanza di custodia cautelare «hanno permesso di acclarare, tra l’altro, che Luigi Bisignani organizza incontri presso il suo ufficio con personaggi del mondo politico e imprenditoriale, in particolare con l’onorevole Stefania Prestigiacomo».
A vegliare sul castello di trame imbastito dal dottor Gigi, la bella Rita Monteverde, custode di tutti i segreti del capo, colei che – scrivono i magistrati – «risulta essere a conoscenza delle attività e abitudini del Bisignani, delle argomentazioni da lui trattate, nonché dell’identità e lo spessore dei soggetti con cui lo stesso si incontra. Il rapporto tra i due è molto stretto al punto che quando si sentono la donna interloquisce con Bisignani con semplici ragguagli, stando attenta a non fare riferimenti specifici». Roba da far impallidire la storica collaboratrice di Craxi, quell’Enza Tomaselli che pagò col carcere la sua fedeltà al segretario socialista. È Rita che riferisce le chiamate a Bisignani, prende in consegna documenti riservati, riporta i suoi messaggi, smista le mail: quelle di Daniela (probabilmente Santanché) e «della Votino, Maroni», sussurra al capo con fare evasivo, senza specificare, tanto non serve, che si tratta della portavoce del ministro dell’Interno.
Non è facile accedere a quell’ufficio, chi non vuole farsi vedere evita il portoncino principale e passa dal cortile interno, ma qualcuno può persino lavorarci: come fa Vittorio Farina, socio di Bisignani alla Ilte, che da lì chiama un tale Filippo su un’utenza intestata alla Ince 2020 srl riferendogli che avrebbe parlato con la dottoressa Lei, il nuovo dg Rai, «al fine di intercedere per stipulare un contratto» tra la società e la televisione pubblica. Ma sono casi rari. La regina è lei, la Monteverde. Implacabile nel resistere agli assalti di padre Enzo, il sacerdote che, risulta dalle intercettazioni, sta organizzando con l’aiuto di Bisignani un «incontro del Papa ad Assisi con tutti i leader religiosi del mondo».
È da lì che tutto passa e tutto si decide. Le sorti della As Roma («Mi sto occupando dei giallorossi», si vanta Gigi al telefono) e quelle dello sport italiano, passato in rassegna in una lunga chiacchierata con Franco Carraro, l’ex presidente della Figc. Pure Montezemolo chiama per chiedere una mano sulla nomina del suo «amico fraterno» Gianni Punzo alla vicepresidenza degli Industriali di Napoli, sulla quale «la Marcegaglia ha posto il veto», spiega il presidente della Ferrari. E chiama, più e volte, Flavio Briatore, per parlar male della Santanché e farsi spiegare perché è tanto importante che Giorgio Lattanzi sia diventato giudice costituzionale. «È uno di quelli che deciderà sul lodo Alfano», chiarisce Bisignani, «passa per uno di sinistra però, insomma…».
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