L’asilo? “Per molti è un problema assistenziale”. Nel 2010 status di rifugiato concesso a 2110 persone

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ROMA – “Non siamo più di fronte ad un paese in cui c’è il nulla in materia di asilo: nel corso del tempo ci sono state alcune esperienze interessanti e innovative, ma all’interno di una situazione generale caratterizzata da vuoti organizzativi e di carattere normativo e regolamentare”. Situazioni “così gravi e problematiche” che di fatto “fanno crollare l’importanza e la forza delle isolate sperimentazioni positive”. Così Gianfranco Schiavone (Asgi) illustra il quadro complessivo che scaturisce dalla ricerca sullo “stato del sistema di asilo” condotta sul campo da un gruppo di ricercatori dell’Asgi, del Cespi e di Communitas, con la collaborazione di Caritas Italiana e Aiccre e il finanziamento della Commissione Europea e del Ministero dell’Interno. Lo studio esamina i cambiamenti verificati negli ultimi tre anni in materia di asilo attraverso l’analisi dei dati disponibili, circa 300 interviste a testimoni privilegiati e le risposte inviate da 14 regioni ad una serie di questionari: una prima parte dei risultati sono stati presentati oggi a Roma.

Secondo Schiavone il nostro paese ha perso “la consapevolezza della dimensione dell’asilo” e “la percezione di ciò che esso è”: l’asilo politico cioè viene visto per lo più come “una benevola concessione verso uno straniero bisognoso”, con poca attenzione all’aspetto dei diritti fondamentali. L’asilo viene cioè percepito come un problema principalmente assistenziale. Dal punto di vista dei numeri, appare evidente che “non c’è alcuna invasione”, anche se il 2011 ha portato, con la crisi nei paesi del Nord Africa, “alcuni aspetti emergenziali oggettivamente complessi”: per Schiavone la situazione “resta contenuta, e c’è da chiedersi perché l’Italia non riesce ad affrontare con strumenti ordinari e non emergenziali una situazione che potrebbe e dovrebbe essere affrontata con mezzi ordinari”.

Nel 2010 è stato dato lo status di rifugiato a 2110 persone, 1787 hanno ricevuto la protezione sussidiaria, 3402 la protezione umanitaria. Circa cinque mila domande non hanno avuto alcun riconoscimento. La ricerca precisa che dopo il significativo aumento di domande di asilo registrata nel 2008, aumento peraltro in linea con quello degli altri stati europei, il drastico calo del 2009 (da attribuire alla politica dei respingimenti attuata a seguito degli accordi fra Italia e Libia) si è confermato anche nel 2010, classificando l’Italia al 14esimo posto tra i 44 paesi più industrializzati. Nel corso del 2010, il 53,1% delle domande esaminate ha ottenuto una qualche forma di protezione, di cui il 15,35% lo status di rifugiato, il 13% la protezione sussidiaria e il 24,75% la protezione umanitaria.

La ricerca sottolinea che il tasso di riconoscimento di una forma di protezione è risultato nel triennio 2008-2010 attestato intorno al 50%, percentuale destinata poi a crescere in sede di ricorso giurisdizionale: il che vale a sostenere che l’utilizzo della domanda di asilo come strategia esclusivamente strumentale per ottenere un titolo di soggiorno è un fenomeno “dalla portata contenuta” e “presumibilmente ben lontano dall’enfasi che il tema ha a volte avuto in sede di dibattito politico”. I “furbi” insomma sono molto pochi, e la conferma arriva anche dal dato degli irreperibili, coloro cioè che dopo aver presentato domanda di asilo non sono più rintracciabili: nel 2010 sono stati il 3,78% delle domande: “Il fenomeno, che aveva caratterizzato in maniera estesissima la situazione italiana per molti anni (arrivava anche al 30%, ndr) si è ridimensionato drasticamente tanto da ridursi su livelli decisamente bassi”.

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