L’antisionismo della sinistra estrema mette alla prova i nuovi sindaci

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 Pisapia ha già  detto che Milano non può venire meno alle ragioni dell’ospitalità . Parole coraggiose, che aizzeranno la rabbia dei boicottatori di professione. Una manifestazione già  programmata che dal 13 giugno farà  di Milano un crocevia di scambi politici, culturali, commerciali e di amicizia tra Italia e Israele viene presa a bersaglio dall’estremismo anti-israeliano e raffigurata come un’ «invasione» . Circolano manifesti in cui una bandiera con la stella di Davide sembra schiacciare con la sua arroganza il Duomo. Si grida «No all’occupazione israeliana» di Milano Ricorda qualcosa questo atteggiamento incendiario contro chi viene considerato un nemico assoluto che minaccia l’integrità  di Milano? Ha ragione Cinzia Leone sul Riformista a notare che «dopo la martellante campagna elettorale che la voleva oggi invasa dai rom e domani dagli islamici, sentire la “città  liberata da Pisapia”a rischio invasione israeliana ha del ridicolo» . Ha del ridicolo e del grottesco. Ma quella stella di Davide agitata come una minaccia, la sua identificazione con quanto di più oppressivo esista al mondo è anche l’ennesima prova che i confini tra antisionismo e simbologia antisemita sono labili e fragilissimi. Nei giorni scorsi è stato il neosindaco di Torino Fassino a contrastare con ammirevole energia lo spettacolo osceno di alcuni giovani estremisti che durante una kermesse bersagliavano il volto deformato di Shimon Peres e insieme la bandiera dello Stato ebraico. Oggi tocca a Pisapia tracciare una linea di demarcazione con chi spende ogni sua energia in una guerra santa contro lo Stato di Israele. Non contro le singole politiche dei singoli governi di uno Stato che ovviamente è sottoposto alla libera e severa critica dell’opinione pubblica internazionale, come ogni altro governo democratico. Ma contro l’esistenza dello Stato di Israele, delegittimato per il solo fatto di esistere, bollato come usurpazione per il solo fatto di esistere. E dunque da cancellare. Nella realtà  storica. E anche nei suoi simboli, come quelli che verranno esibiti a Milano e che gli intolleranti considerano un’offesa per il solo fatto di essere liberamente esibiti. La virulenza del fondamentalismo antisionista, del resto, sprigiona una veemenza intimidatoria che non conosce limiti e non risparmia nemmeno le icone della sinistra. Solo perché ha rivolto un saluto all’ambasciatore di Israele in Italia, Nichi Vendola è stato fatto oggetto di insulti velenosi e di attacchi violentissimi nei siti cosiddetti «anti imperialisti» . Qualche mese fa anche Roberto Saviano venne trattato da «complice degli assassini» solo perché aveva manifestato le ragioni del suo attaccamento allo Stato ebraico in un convegno a favore della democrazia israeliana. Nessuno, tra gli antisionisti che divulgano un’immagine criminalizzante e mostruosa di Israele, risparmierà  Pisapia se, come appare evidente, il neosindaco di Milano si rifiuterà  di accodarsi alle minacce di chi promette di mettere a ferro e fuoco la città  («impediamo l’occupazione israeliana di piazza del Duomo» , promettono nei loro volantini) quando la stella di Davide, nei prossimi giorni, potrà  sventolare liberamente in piazza onorando impegni presi da mesi. Per questo la sua presa di distanza da chi sta per mettere in scena la solita, ripetitiva kermesse anti-Israele varrebbe come un doppio gesto di coraggio. Come contrasto alla demonizzazione di Israele. E come critica a un modo di fare che coinvolge frange di una sinistra che lo ha sostenuto nella sua battaglia per scalzare la destra dal governo di Milano e che dagli avversari sono state indicate come la prova della deriva «estremista» di Pisapia. Un doppio gesto scandito nel nome della tolleranza, valore non negoziabile.


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