L’agorà  delle donne a Milano

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Sono partite da un Manifesto di cui si è già  parlato in questa rubrica. L’idea è che il lavoro è «tutto il lavoro necessario per vivere»:non solo il lavoro di produzione, ma anche il lavoro gratuito di cura e il lavoro di relazione. Con alcune parole ricorrenti: autonomia, voglia di connessione, contaminarsi, impollinarsi. Un primo incontro ha visto una larga partecipazione (200 persone da diverse regioni, 35 interventi). Un’esperienza che qualche volta può ricordare esperienze di autocoscienza di massa.  Come la testimonianza di chi racconta di essere «stanca e stufa di correre da un posto all’altro, stanca e stufa di relegare a momenti scartati, instabili e dondolanti, le cose che amo di più». Senza però «la miccia per accendersi e prendere fuoco». Ecco l’Agorà , si afferma, potrebbe essere, tra le molte cose possibili, un modo per far scoprire come «esprimersi più interamente », per scambiare esperienze intergenerazionali, «per superare l’isolamento che caratterizza la condizione di lavoro oggi». Magari per «contaminare» partiti e sindacati. È stato un addensarsi di questioni: organizzazione del lavoro, precarietà , lavoro autonomo, nuove e vecchie professioni, tempi di lavoro, lavoro malpagato, lavoro di cura… Con le più giovani che magari vorrebbero precisare obiettivi concreti, mentre altri-altre vorrebbero trasferire l’Agorà  in piazza del Duomo, o a palazzo Marino, perche è uno scandalo che a Milano non ci sia uno spazio pubblico per parlare di lavoro. C’è chi osserva che però già  quel che si vive ora nell’Agora è un fatto politico «che ci fa ricche». Quel che serve è creare luoghi collettivi che facciano crescere i singoli soggetti. L’elemento centrale rimane quello del lavoro, addirittura della possibile felicità  nel lavoro. È il tema che più coinvolge il curatore di questa rubrica. Investe il lungo tempo lavorativo moderno, manuale o intellettuale, arso, spesso, dalla competizione o dalla repressione. Dovetutto non puòessere ridotto (anche per rispondere alle voglie imperiose di efficienza e produttività ) a rapidità  di consegna, pause, ritmi, buste paghe più o meno consistenti, precarietà . Un capitolo da riscoprire. Dove alcune parole care alle donne dell’Agora, (autonomia, libertà ) potrebbero agire, contaminare davvero chi ancora vuol giocare un ruolo propulsivo nel mondo del lavoro.


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