L’affaire della nave “Altalena” ferisce i padri della patria Ben Gurion e Rabin sotto accusa

by Editore | 20 Giugno 2011 7:12

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A un mese dalla dichiarazione d’indipendenza e nel mezzo della prima fase della guerra del 1948 – un momento cruciale e disperato nella lotta per la sua sopravvivenza – Israele si trovò a fronteggiare una crisi drammatica, che portò lo Stato ebraico sull’orlo della guerra civile. L’episodio passò alla storia col nome di «Altalena», nom de guerre del fondatore del movimento sionista revisionista Vladimir Jabotinsky che fu dato a una nave dell’Irgun nel giugno 1948. Salpata da un porto francese l’11 giugno del ‘48, la nave «Altalena» – un vecchio mezzo da sbarco residuato della Seconda guerra mondiale – giunse a nord di Tel Aviv il 20 giugno con un carico di armi francesi, acquistate in segreto dall’Irgun – l’organizzazione sionista di destra guidata da Menachem Begin – per sostenere lo sforzo bellico contro l’attacco arabo.
L’arrivo di questa nave con un carico d’armi, d’immigrati e di combattenti dell’Irgun nel mezzo della prima tregua Onu imposta durante la guerra del ‘48 rischiò di sfociare in guerra civile. Giorni difficili e drammatici tornati ieri d’attualità  in occasione del 63esimo anniversario, soprattutto per una gaffe del Ministero della Difesa che in un comunicato in occasione delle celebrazioni ha definito «un assassinio» la morte dei miliziani dell’Irgun che erano a bordo della nave attaccata dell’esercito regolare israeliano. Un episodio tragico e certamente uno dei più controversi della nascita di Israele, che vide opposti i due blocchi che hanno poi dominato la politica israeliana dalla fondazione dello Stato: da una parte il Partito laburista e dall’altra la destra nazionalista, erede dell’Irgun. Una pagina della Storia d’Israele che ancora oggi divide i due schieramenti. Qualificando quell’azione militare «un assassinio» il comunicato del Ministero lasciava intendere che i responsabili dell’attacco – il premier Ben Gurion e il capo delle operazioni militari Yitzhak Rabin, entrambi laburisti – potessero essere degli assassini. Il ministro della Difesa Ehud Barak – lui stesso un ex leader del Partito laburista – ha subito ordinato un’inchiesta interna su «questo grave errore storico».
Lo sbarco degli immigranti dalla nave «Altalena» quel 20 giugno avvenne senza problemi, quello delle armi invece scatenò ciò che tutti temevano: uno scontro armato tra Irgun ed esercito regolare, cui era stato ordinato dal governo di circondare la spiaggia per assumere il controllo delle operazioni di sbarco. La scaramuccia sulla spiaggia dilagò rapidamente. Interi battaglioni lasciarono le loro consegne per unirsi all’Irgun. L’odissea dell’Altalena si concluse alle cinque di pomeriggio del 22 giugno al largo di Tel Aviv, affondata da un colpo di cannone sparato dall’unica unità  di artiglieria pesante del giovane esercito. Il governo guidato da Ben Gurion appena un mese dopo la nascita di Israele voleva imporre la sua autorità  e non avrebbe accettato l’esistenza di una forza militare parallela al neonato esercito regolare. Il premier non cedette su nulla e si disse pronto ad accettare soltanto la resa incondizionata della nave. Lo scontro lasciò sul terreno diciannove morti e dozzine di feriti. Centinaia di soldati collegati all’Irgun furono arrestati. Begin, sfuggito alla cattura sulla spiaggia, trasmise da una stazione radio segreta un appello ai suoi sostenitori: non ci deve essere una guerra civile. E le armi finalmente tacquero. Ben Gurion aveva imposto l’autorità  del governo, Begin aveva richiamato i suoi all’ordine, la guerra civile fu scongiurata, ma lo scontro ci fu, ed era stato in larga parte inevitabile. Lo spettro di una guerra fratricida fu scongiurato non dalla ricerca di un compromesso negoziato ma dall’imposizione – pagata col sangue – di un’unica autorità , di un unico potere: lo Stato.

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