La rivolta gentile del Macro
ROMA – È una rivolta gentile quella iniziata ieri pomeriggio al Macro, il museo di arte contemporanea di Roma. Sull’onda dell’occupazione del teatro Valle, l’associazione «Occupiamoci di contemporaneo» che raccoglie operatori del mondo artistico – artisti, galleristi, curatori, direttori di museo e di fondazioni, spazi culturali no-profit – ha convocato un’assemblea per denunciare il taglio dei fondi destinati alla gestione di questo avveniristico museo. Per tutta la giornata di oggi sono statI programmati interventi e comunicazioni da parte di artisti, architetti, musicisti, cineasti e teatranti. «È la prima volta dagli anni Settanta che il settore dell’arte contemporanea si mobilita a difesa di un “bene comune” dopo avere capito che il tempo della salvezza individuale, o del protagonismo solitario, è finito – afferma un giovane artista con i dread che preferisce restare anonimo – Mobilitazioni come quella del Valle o del Macro sono un tessuto connettivo utile per individuare una soluzione collettiva contro il progetto del governo di dissolvere la cultura in Italia». Ieri erano più di un centinaio i partecipanti all’assemblea nel foyer del museo in via Nizza, ristrutturato dall’architetto francese Odile Decq. Insieme hanno ripercorso gli avvenimenti tempestosi che hanno portato alle dimissioni del direttore Luca Massino Barbero, a causa del radicale taglio del budget a disposizione, senza però rinunciare a possibili soluzioni. Dagli otto milioni di euro ricevuti fino a poco tempo fa, il Macro dovrà sopravvivere per i prossimi sei mesi con poco più di due milioni, insufficienti per governare l’esistente e per sostenere il progetto dell’apertura di due nuovi padiglioni. In questa situazione di emergenza, tre giorni fa è stato nominato il nuovo direttore, il 43 enne romano Bartolomeo Pietromarchi, al quale toccherà gestire a settembre la delicata trasformazione del museo in fondazione del Macro. Buio pesto invece sui finanziamenti che dovranno sostenere l’attività della futura fondazione.
Nel frattempo, dopo sette mesi di attesa, in Campidoglio è iniziata la discussione sul bilancio 2011. Gli artisti e i curatori di «Occupiamoci di contemporaneo» si dicono allarmati dalle voci, molto realistiche, che circolano da giorni a Roma. Sembra infatti che il sindaco Alemanno e la sua giunta si apprestino a tagliare la cultura in maniera pesante. Negli ultimi tre anni la voce «cultura» è stata tagliata di oltre 14 milioni di euro. Timori di questo genere sono stati espressi anche in una lettera intitolata «Per un Macro bene comune» inviata un mese fa al neo-assessore alla cultura Dino Gasperini (che ha sostituito Umberto Croppi, inviso ad Alemanno perché confluito nelle file di Futuro e Libertà ) e al sindaco. È poi seguita una raccolta di firme a difesa del Macro alla quale hanno aderito operatori e artisti come Cecilia Canziani, Claudio Pisano, direttore del Ciac di Genazzano o Teresa Macrì.
«In questo percorso – affermano gli esponenti di «Occupiamoci di contemporaneo» che preferiscono non apparire per evitare che i più giovani venganooscurati da una protesta che vuole essere «collettiva» – è emersa un’esigenza molto simile a quella espressa dagli intermittenti dello spettacolo del Valle: la definizione del programma artistico e la gestione del Macro deve considerare tanto i lavoratori del settore, quanto quelli del museo, sul modello di una democrazia partecipativa».
Si comprende allora la polemica contro il ruolo che la politica ricopre nella nomina del direttore del Macro: «Non abbiamo niente contro Pietromarchi, per noi è il metodo il problema – dicono – un progetto curatoriale di anni non può essere gestito dai potentati politici del momento. Non è possibile che ogni assessore nomini il suo direttore, nei teatri come nei musei». Per garantire un’«autonomia» della cultura dai partiti, «preferiamo allora un concorso pubblico per titoli, anche internazionale».
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