La crisi alimentare permanente

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I dati a cui Oxfam attinge sono ormai piuttosto noti. I prezzi delle derrate alimentari salgono, e questo è ampiamente segnalato tra gli altri dalla Banca Mondiale con aggiornamenti mensili. Il grano ad esempio: il prezzo è rimasto stabile finora nel 2011, ovvero è del 70% più caro di un anno fa (era rincarato bruscamente nell’estate scorsa dopo che la peggiore siccità  da decenni ha decimato i raccolto in Ucraina e nella regione del mar Nero). Il mais è più che raddoppiato negli ultimi 12 mesi, con la produzione globale che non sta al passo della domanda (anche perché questa è spinta in alto negli Stati uniti dall’industria dell’etanolo per farne carburante). Ora il periodo del raccolto si avvicina nell’emisfero nord, e la scorsa settimana l’Onu segnalava che i prezzi toccheranno nuovi record nelle prossime settimane.
Il punto è che non si tratta di rincari occasionali, sostiene Oxfam. Il prezzo degli alimentari più consumati è destinato a salire in modo permanente, a raddoppiare in media nei prossimi vent’anni. E questo, è ovvio, colpisce in primo luogo la parte più povera della popolazione mondiale, quella che spende per il cibo fino all’80% del proprio reddito. Così che, avverte Oxfam, dopo alcuni decenni in cui ci dicevano che il numero di persone sotto la soglia di povertà  nel mondo andava calando, siamo di fronte a una «regressione senza precedenti» nello sviluppo umano.
La crisi alimentare diventa permanente per una combinazione di fattori: dall’impatto del cambiamento del clima (che rende più frequenti e drammatici fenomeni come alluvioni, cicloni, o siccità ) all’esauriomento di risorse naturali, il sovrastruttamento dei suoli e delle fonti d’acqua dolce, la corsa a trasformare cereali e altri vegetali in agrocarburanti (automobili contro cibo), l’aumento della popolazione e il cambiamento della dieta prevalente in zone del mondo che entrano nel benessere (dove aumento del consumo di proteine animali, carne e prodotti caseari, schizza in alto la domanda di cereali come mangimi per l’allevamento). Tutti questi fattori contribuiscono a far sì che la produzione di cibo non tenga dietro alla domanda – e ormai dagli anni ’90 la crescita delle rese agricole è in costante declino.
Insomma: «Oggi 925 milioni di persone, cioè un abitante del pianeta su sette non ha cibo a sufficenza nonostante il fatto che il mondo produce abbastanza per nutrire tutti», diceva ieri il capo di Oxfam, Barbara Stocking. In un futuro prossimo, per garantire cibo a tutti bisognerà  «riformare in modo drastico il sistema alimentare globale».
Oxfam si rivolge ai leader del G20: bisogna cambiare le regole del mercato alimentare mondiale, dice. Primo: serve una regolamentazione dei mercati delle derrate, per non lasciarli alla speculazione. Le riserve mondiali di derrate alimentari vanno aumentate con urgenza, e i governi occidentali devono mettere fine alle loro politiche di aumento degli agrocarburanti. Inoltre, bisogna mettere fine alla concentrazione eccessiva nell’industria agroalimentare: poche aziende che controllano il mercato globale delle sementi, degli agrochimici, e il commercio di cereali. La posta in gioco è semplice: un futuro in cui ci sia da mangiare per tutti.


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