by Editore | 28 Giugno 2011 8:35
I (primi) 100 giorni della guerra umanitaria seguita alla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza sono caduti ieri. E non sono stati celebrati tanto con la notizia che non fa più notizia dei bombardamenti Nato su Tripoli quanto con la conferma dell’annunciato mandato di cattura «per crimini contro l’umanità » emesso dalla Corte penale internazionale dell’Aja su richiesta del procuratore capo, l’argentino Luis Moreno Ocampo.
Fra gli scrosci di applausi, il più ridicolo è quello che viene da Washington. Il mandato di cattura contro Muammar Gheddafi, suo figlio Saif al-Islam e il capo dei servizi segreti Abdullah al-Senussi, è «una nuova conferma che il rais ha perso la sua legittimità », ha detto Jay Carney, il portavoce della Casa bianca, e mostra che «la necessità che venga fatta giustizia è assoluta». Giusto. Solo che questo pieno sostegno all’azione della Cpi viene da un paese che non riconosce la Cpi. Ossia, gli Usa non ritengono legittima l’azione della Cpi verso un proprio presidente o ministro (che so, un Bush o un Cheney) e neanche verso i propri militari (che so, quelli impegnati a Abu Ghraib o a Guantanamo), però ritengono pienamente legittimo (anzi sono loro ad averlo messo nero su bianco nella risoluzione 1970 del Consiglio di sicurezza) che la Cpi agisca contro Gheddafi. Lineare, no?
A pioggia arrivano gli altri applausi. Il segretario dell’Alleanza atlantica Rasmussen – il mandato di cattura «rafforza le ragioni della missione Nato a protezione dei civili» -, la fantasmatica responsabile della politica estera Ue, la inglese Ashton – «l’Unione europea dà il suo pieno sostegno» alla decisione della Cpi, «uno strumento essenziale per promuovere il rispetto delle norme umanitarie e dei diritti umani» -, poi, naturalmente l’algido Frattini che dopo essere stato preso a schiaffoni dai colleghi volenterosi per aver avanzato la proposta (perdon «l’ipotesi di lavoro») di uno stop ai bombardamenti per favorire negoziati, si è subito riallineato e coperto: la decisione della Cpi, con cui si complimenta «per la rapidità e la serietà », neanche a dirlo «legittima ulteriormente l’assoluta necessità e l’alto valore della missione umanitaria della Nato in Libia, su mandato dell’Onu», quindi «l’Italia continuerà , insieme ai propri alleati e partner, il proprio impegno nella missione internazionale per aprire la strada a una soluzione politica della crisi libica».
Soddisfazione di Amnesty, entusiasmo di Bengasi («giustizia è stata fatta») in attesa dell’inevitabile spallata finale su Tripoli, sempre data per «prossima». Unica voce fuori dal coro, ancora quella del vescovo Giovanni Martinelli (non è «opportuno mettere altra benzina sul fuoco», alla Corte dell’Aja «il Colonnello non ci andrà », «la sua volontà di dialogo è una cosa positiva», «se non terminano i bombardamenti, che hanno fatto tante vittime, è inutile insistere ad accusare Gheddafi»). Ma tanto nessuno se lo fila.
Come, ancor di più dopo il mandato di cattura internazionale, nessuno crede più a una possibile soluzione negoziata della guerra civile e della guerra umanitaria (a cui stanno lavorando l’Unione africana e, sembra, anche la Cina che, come ha detto ieri il premier Wen Jiabao a Londra, dopo aver avuto «contatti con i ribelli e il governo libico», spera ancora che la crisi possa essere risolta attraverso «misure diplomatiche e pacifiche»). Ora Gheddafi potrà – anzi dovrà – essere arrestato in uno qualsiasi dei 116 paesi che hanno aderito e ratificato la Cpi. «A meno che non si rifugi in un paese che non ha sottoscritto lo Statuto di Roma», ha detto acutamente Frattini. Fra i 54 paesi africani, 22 non hanno firmato, quindi… Ma neanche la Cina e la Russia. E gli Usa. Chissà … Anche contro il presidente sudanese Omar al-Bechir incombe da 2 anni un mandato di cattura internazionale per i crimini che gli sono imputati nel Darfur. Oerò è ancora lì.
Il mandato contro il Colonnello, Saif e Senussi dice che ci sono «ragionevoli motivi» per ritenere che in Libia essi abbiano ordinato, «dal 15 ad almeno il 18 febbraio», «un attacco contro la popolazione civile e gli oppositori politici» che ha provocato «centinaia» di morti e prigionieri e che siano stati commessi «atti inumani» specialmente a Bengasi, Misurata e Tripoli. Vero. E dopo?
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