by Sergio Segio | 30 Giugno 2011 11:07
Un orologio tascabile, d’oro e di fabbricazione straniera, si insinua nella celebrazione dei fasti proletari nazionali. La cinepresa si sofferma sul quadrante il tempo necessario perché lo spettatore veda cheè un Omega, ditta rinomata, che in Cina oggi dispone di ben 31 punti vendita. Tanto basta perché scattino i sospetti di pubblicità occulta. E insieme, le accuse di blasfemia politica. Perché il personaggio che maneggia il cipollone, donatogli da una fidanzata, e niente meno che Mao Zedong, il grande timoniere della rivoluzione comunista. Ed il film, girato con dichiarati intenti propagandistici, celebra le origini del partito. Si intitola «L’inizio della grande rinascita» ed esce in questi giorni nelle sale cinematografiche della Repubblica popolare, pezzo forte dei festeggiamenti per il novantesimo anniversario del Pc cinese, che fu fondato il primo luglio 1921.I puri e duri hanno qualcosa da ridire anche sul fatto che fra gli sponsor dell’operazione sia la filiale locale della General Motors, che ha sede a Shanghai. Segno dei tempi che cambiano. Cina e America si scambiano critiche severe e duri ammonimenti su tutto (dai diritti umani alla politica estera ed alle pratiche commerciali e finanziarie) ma hanno bisogno l’una dell’altra. Il crollo del capitalismo, sognato dai pionieri della rivoluzione, oggi e il peggior incubo dei loro successori: chi acquisterebbe più le merci della sovrabbondante macchina produttiva cinese? Quanto al comunismo, Washington augura si conservi in buona salute, visto che Pechino sostiene con i suoi investimenti gran parte dell’enorme debito dell’economia Usa.Da anni ascoltiamo lo stesso ritornello: la crescita economica, si ripete, superati certi limiti, diventerà incompatibile con un sistema autoritario ed un potere monopartitico. In realtà sembrererebbe che ben pochi all’interno del partito comunista condividano questa opinione. A chiedere con coraggio, pagandone personalmente le conseguenze con il carcere e in alcuni casi la violenza fisica, rimane un gruppo limitato di dissidenti. Le recenti scarcerazioni di noti oppositori come Ai Weiwei e Hu Jia sono aperture di minima portata visto che viene loro imposto il silenzio e la segregazione sociale. Ma certamente le autorità sonopreoccupate. Per gli scioperi contro orari e condizioni di lavoro massacranti nelle fabbriche che inseguono le esigenze di un mercato sempre più avido. Per le proteste popolari contro le requisizioni forzate dei terreni sacrificati al business del mattone. Per il dinamismo della comunicazione on line che filtra fra le maglie della censura e degli hacker istituzionali. Fenomeni sociali nuovi, con cui il potere politico fatica a cimentarsi. Rispetto ai quali reagisce imponendo il ritorno ai valori fondanti. Del regime e della nazione. Socialismo e confucianesimo riproposti come modelli culturali attraverso cui filtrare le spinte eversive.Una statua del grande pensatore precristiano, alta dieci metri, ora spicca in mezzo a piazza Tian An Men. Vicino al mausoleo di Mao, che bollò Confucio come l’ideologo del feudalesimo, prima che le Guardie rosse nella loro furia iconoclasta si spingessero sino a negarne addirittura l’esistenza. Nei discorsi del presidente Hu Jintao ricorre di frequente il richiamo ai principi confuciani dell’armonia e dell’ubbidienza, ricucinati in salsa socialista. La vita e il pensiero del filosofo vissuto 2500 anni fa, hanno largo spazio nei programmi scolastici. In libreria arrivano sempre nuove biografie e commenti delle sue opere. Ha vestito i panni di Confucio perfino un attore come Chow Yun Fat, uso a recitare piuttosto le parti del gangster nei gialli polizieschi.Assieme al revival confuciano, ecco la riproposizione dei sacri principi del comunismo. Impazza, e viene continuamente riproposto dai media come esempio da imitare, il cosiddetto modello Chongqing, megalopoli in cui l’amministrazione locale ha dato prova di notevole efficienza. Da una parte nella lotta alla delinquenza, dall’altra nell’attuazione di riusciti programmi di edilizia popolare. I cantori del modello Chongqing non cessano di sottolineare come i successi realizzati dipendano dall’applicazione di metodi centralisti e autoritari: le mafie sgominate senza troppi scrupoli legalitari, il lavoro in campagna imposto per brevi periodi a studenti e funzionari, l’uso massiccio di denaro pubblico per i grandi progetti di sviluppo in loco. Come dire: possiamo continuare a crescere senza cedere alle tentazioni democratiche. A Chongqing la principale tv satellitare diffonde programmi di contenuto rivoluzionario e ha bandito gli spazi pubblicitari. Certo Chongqing non e tutta la Cina, ma molti ai vertici del potere comunista in Cina oggi osannano Chongqing.
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