La burocrazia dell’economia digitale, così simile alle scartoffie cartacee

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Ogni due o tre mesi l’operazione viene interrotta da una finestra con il nuovo contratto da accettare per poter procedere all’acquisto. Stessa cosa accade per Amazon, sulla piattaforma per gli e-book del Kindle e per l’Android Market di Google. Si clicca svogliatamente su accetta e non ci si pensa più. Ma qualcuno si è mai preso la briga di leggere questi documenti fino in fondo? È molto difficile: il nuovo contratto che in questo giorni gli utenti di iTunes hanno ricevuto, per esempio, prevede 68 (sessantotto!) pagine da leggersi sullo schermo da 3,7 pollici dell’iPod o dell’iPhone. Un’operazione che avrebbe stroncato anche il paziente Giobbe. Nulla da dire sulla forma. Quella che si conclude sul web altro non è che una nuova forma smaterializzata di commercio monetario e dunque il contratto è giustificato e necessario. Ma le sessantotto pagine ricordano molto da vicino la valanga di documenti che ci troviamo davanti quando dobbiamo aprire un conto nuovo in banca o dobbiamo sottoscrivere un prodotto bancario: si dice tutto nei minimi particolari per non dire nulla. Però la firma poi fa fede e il cliente passa nel torto. Sulla finanza i regolatori hanno da tempo spinto per una sintesi più efficace pro cliente. E visto che sotto l’epidermide di smartphone e tablet si gioca la partita fondamentale della privacy è forse arrivato il tempo di una semplificazione documentale anche per l’economia digitale. 


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