In un mondo senza Borges

Loading

Proprio come il personaggio principale del racconto Histeria Argentina II di Rodrigo Fresà¡n, che urta Jorge Luis Borges e senza volerlo lo fa cadere in una strada di Buenos Aires, tutti noi scrittori argentini prima o poi inciampiamo nell’autore di Finzioni e gli diamo uno spintone o cerchiamo di schivarlo. Di fatto, a partire dagli anni ’40 si potrebbe raccontare la storia della letteratura argentina prendendo come punto di riferimento questo incontro, al quale non sono sfuggiti autori come Leopoldo Lugones, Horacio Quiroga, Leopoldo Marechal, Julio Cortà¡zar (il cui racconto Casa occupata fu pubblicato sulla rivista «Sur» grazie a Borges), Ernesto Sabato (che fu il suo doppio mal riuscito e privo di talento), Juan Rodolfo Wilcock, David Vià±as, Adolfo Bioy Casares, Rodolfo Walsh (che scrisse i primi racconti sotto il suo influsso), Ricardo Piglia (che ha combinato le poetiche presumibilmente divergenti di Borges e Roberto Artl), Osvaldo Lamborghini, Roberto Fontanarrosa (che seppe parodiarlo in modo straordinario), Alan Pauls (che gli dedicò uno dei suoi libri migliori, El factor Borges), César Aira, Fogwill (autore di Help a el, una versione di El Aleph che anticipava riscritture borgesiane meno riuscite) e il già  menzionato Fresà¡n: tutti definiscono il loro posto nella letteratura argentina a partire dalla domanda: «Che fare con Borges?».
A venticinque anni dalla morte dell’autore di Storia universale dell’infamia, questa continua a essere l’unica domanda realmente significativa per uno scrittore argentino.
Una lucertola nella luce calda
Non è improbabile che ogni grande scrittore apra ai suoi contemporanei strade insospettate, ma non è neppure impossibile che ne chiuda altre. Borges ha notevolmente arricchito la tradizione nazionale incorporandovi altre avanguardie, le letterature chiamate «minori» e una concezione della letteratura che conferiva un nuovo significato alla distanza tra Buenos Aires e le metropoli letterarie dell’epoca (una distanza che lui stesso avrebbe definito per la prima volta in termini positivi nel saggio Lo scrittore argentino e la tradizione), ma che comportava anche una perdita e una sottrazione (la principale: la possibilità  di un mondo senza Borges) che gli scrittori argentini non hanno incassato senza resistenze.
Così, nel 1971 Blas Matamoro scrisse che «È ora di dire NO, una buona volta: per gli argentini è senz’altro un’umiliazione, il fatto che all’estero uno scrittore come Borges venga considerato il paradigma dell’intellettuale argentino». La citazione illustra a meraviglia una opinione che per un certo periodo non è stata necessariamente minoritaria, come dimostra l’antologia di Martin Lafforgue Antiborges, in cui sono riuniti testi contro l’autore. E allo stesso tempo mette in luce un problema ancora attuale per quei lettori convinti che – a differenza di quanto accade fuori dall’Argentina, dove Borges è considerato semplicemente in relazione al suo apporto alla letteratura occidentale (riassunto nel 1982 da Susan Sontag, che afferma: «Oggi non esiste nessuno scrittore vivente che importi ad altri scrittori più di Borges (…) Sono ben pochi gli autori contemporanei che non hanno imparato da lui o non lo hanno imitato») – il suo contributo alla letteratura nazionale sia altrettanto grande di ciò che le ha sottratto, a cominciare da certi temi ed espressioni di cui nessun altro autore può servirsi senza cadere nel manierismo.
A questa sottrazione si somma un ulteriore problema: l’opera di Borges funziona piuttosto come anomalia e incidente della letteratura argentina, i cui autori si vedono obbligati a misurarsi (e alcuni lo considerano ingiusto) con una figura che è più grande di lei e che la sminuisce; senza contare che l’ampliamento della prospettiva introdotto dall’opera di Borges nella letteratura argentina non concerne solo l’esperienza di lettura: «Le nostre strade e i nostri giardini, una lucertola che sfreccia nella luce calda, le nostre biblioteche e i nostri scaffali circolari cominciano ad avere esattamente l’aspetto con cui Borges li aveva immaginati», ha scritto George Steiner nel 1971.
Il problema di quegli scrittori argentini che preferirebbero una letteratura argentina senza Borges è proprio questo, che i suoi effetti hanno superato ampiamente i limiti della sua tradizione di origine e disciplina artistica. Un mondo senza Borges è tanto poco desiderabile quanto possibile, e tuttavia (nonostante siano trascorsi venticinque anni dalla sua morte) la domanda su che farne dell’eredità  di Borges continua a essere presente e ridiventa attuale a ogni nuova generazione che comincia a scrivere in Argentina.
Anche se la questione si è un po’ appannata, e nonostante i giovani scrittori argentini sembrino prendere deliberatamente le distanze dalla figura di Borges, la letteratura argentina continua a girare intorno al suo centro, che ora è ovunque. Forse lo farà  anche intorno a una data, quella del quattordici giugno 1986, in cui secondo Roberto Bolaà±o (oggi considerato da alcuni il successore naturale di Borges) «è finito tutto» (anche se chissà , semplicemente, tutto è ricominciato in un altro modo).
Il giovane col volto di uccello
Nel suo eccezionale diario dell’amicizia con Borges, Adolfo Bioy Casares racconta che quel giorno si avviò verso un’edicola per comprare una copia di Esperimento col tempo di J. W. Dunne e «un tizio giovane, con la faccia da uccello» gli raccontò che Borges era morto quel pomeriggio a Ginevra, in Svizzera.
Qualche giorno prima, il dodici maggio, Bioy aveva ricevuto una sua telefonata. «Ho voglia di vederti», ricorda di avergli detto; Borges rispose: «Non tornerò mai più», e prima che la comunicazione si interrompesse gli si spezzò la voce. La scrittrice Silvina Ocampo, moglie di Bioy, osservò: «Stava piangendo», ma Bioy non capì a cosa si riferisse esattamente.
Alcune settimane dopo, informato della sua morte, fece qualche passo per allontanarsi dal giovane con la faccia da uccello e sentì che erano i suoi primi passi «in un mondo senza Borges», ma la sua impressione era sbagliata: Borges continua a esserci, in una letteratura che ha trasformato per sempre e che continua a non poter concepire se stessa senza la sua figura.
(traduzione di Francesca Lazzarato)


Related Articles

L’ombra lunga del populismo

Loading

Metamorfosi politiche senza libertà . Oggi la presentazione del libro all’Università  La Sapienza di Roma

DIRITTO D’AMORE. PERCHÉ I SENTIMENTI SFUGGONO ALLE REGOLE

Loading

Stefano Rodotà affronta al Festival di filosofia il rapporto tra leggi e passioni

Martha Reeves: “Io, una del ghetto che ce l’ha fatta”

Loading

Sarà  domani a Milano la cantante che negli anni Sessanta divenne una superstar del soul con le Vandellas Ci racconta gli esordi alla Motown, la discriminazione razziale di cui fu vittima , gli incontri con gli altri divi  

 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment