Immigrati sieropositivi, il virus si contrae anche in Italia
ROMA – Nasce una rete di 40 associazioni di migranti, società civile italiana e di istituzioni locali distribuite nei territori di Roma, Prato e Firenze per promuovere la salute degli stranieri. Saranno gli “Educatori di salute di comunità “, figura mutuata dal modello di mediazione culturale creato e sperimentato in Gran Bretagna, e dovranno “rilevare il bisogno, trasmettere conoscenze e indirizzare ai servizi”. Si tratta del progetto Artemis (Associazionismo e reti territoriali per la mediazione interculturale sulla salute), presentato oggi a Roma e promosso dall’Istituto superiore della sanità , nato per favorire l’accesso degli stranieri ai servizi sanitari, soprattutto per quanto riguarda l’infezione da Hiv e Aids e le coinfezioni, tubercolosi e malattie sessualmente trasmesse. L’intervento è coordinato dal Centro nazionale Aids dell’Iss, in collaborazione con l’Organizzazione internazionale per la migrazione e Albero della salute (regione Toscana) con il coordinamento del ministero della Salute; è finanziato dalla Commissione Europea e dal Ministero degli Affari Esteri.
Test già eseguito per uno straniero su quattro. I cittadini stranieri sono stati sottoposti a un questionario per la valutazione degli interventi di prevenzione dell’infezione da Hiv e di un centinaio sono stati analizzati campioni di plasma. La ricerca si è svolta su 1508 persone, di cui più della metà (59%) donne, provenienti per il 37% dall’Africa, per il 25% dall’Europa dell’Est, per il 19% dall’Asia, per il 15% dal Sud America, per il 3% dall’Europa Occidentale. Più della metà possedeva una buona conoscenza della lingua italiana e viveva in Italia con la propria famiglia. Il 25% si era già sottoposto al test dell’Hiv nel corso della sua vita, mentre l’8% lo aveva fatto nel corso degli ultimi 12 mesi; il 25% aveva usato il profilattico durante l’ultimo rapporto sessuale. Solamente 11 individui hanno risposto in modo corretto a tutti i quesiti sulla conoscenza della trasmissione dell’Hiv. Circa il 25% si ritiene sufficientemente informato sul tema dell’infezione da Hiv e circa la metà dei partecipanti allo studio vorrebbe ricevere maggiori informazioni dagli operatori sanitari.
Hiv, l’infezione si contrae anche in Italia. Screening su 100 immigrati sieropositivi (campioni di plasma analizzati dai centri clinici di Firenze e Prato) per valutare il sottotipo di virus, l’eventuale resistenza a farmaci antiretrovirali e la presenza di infezioni recenti individuate. La maggioranza dei pazienti proveniva dall’Africa occidentale e dal Brasile. In 3 pazienti su 56 è stata riscontrata un’infezione recente, il che, spiega l’Iss, “potrebbe essere indicativo del fatto che individui emigrati con comportamenti a rischio possano acquisire l’infezione in Italia”, ma più in generale “che la popolazione degli emigrati in Italia condivide con la popolazione italiana comportamenti a rischio di infezione da Hiv che, pertanto, potrebbero portare all’introduzione di nuove varianti virali nelle due popolazioni”.
Grazie al progetto sono stati prodotti un manuale per operatori di salute di comunità e le linee guida per l’implementazione di un modello di intervento.
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