Il percorso di accoglienza dei rifugiati è frammentato e casuale

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ROMA – Frammentato e casuale. E’ il percorso di accoglienza dei richiedenti asilo in Italia così come viene descritto dalla ricerca condotta da Asgi, Cespi e Communitas sul diritto d’asilo nel triennio 2008-2010, presentata oggi a Roma. In particolare esistono grandi criticità  nel passaggio fra le tre fasi principali del percorso: quella in cui il richiedente si rivolge alle autorità  per chiedere asilo, quello in cui viene fissato un appuntamento per i rilievi foto dattiloscopici, e infine quello della verbalizzazione vera e propria della domanda di asilo. Nella prassi queste fasi sono fra loro distinte e separate da periodi di tempo assai ampi, che variano da alcuni giorni a circa un mese per il passaggio dal primo al secondo momento e di anche due o tre mesi e più per il passaggio dal secondo al terzo momento. Durante questo periodo il richiedente o è del tutto privo di documenti autorizzativi alla permanenza sul territorio, o ne ha uno di carattere informale che non consente l’accesso ai servizi che la legge prevede per i richiedenti asilo. Afferma la ricerca che “la situazione appare così diffusa e persistente da determinare problemi di sostanziale rispetto da parte italiana della disposizione della Direttiva accoglienza che stabilisce che gli stati entro tre giorni dalla presentazione della domanda di asilo sia rilasciato ai richiedenti asilo un documento nominativo che certifichi lo status di richiedente o che attesti che è autorizzato a soggiornare nello stato nel periodo in cui la domanda è in esame”.

La ricerca afferma che vi è uno scarto temporale compreso in una forbice che va da 30 giorni a più di sei mesi fra la manifestazione della volontà  di presentare domanda di asilo e la possibilità  di usufruire di una accoglienza: una fase in cui al richiedente non è garantita alcuna misura ad eccezione degli interventi di “bassa soglia” attuati da comuni e associazioni. La situazione più critica, sostiene la ricerca, risulta quella di Milano, dove l’attesa arriva fino a 12 mesi, mentre “il sistema più complesso ma anche più caotico risulta quello di Roma dove convivono tre macro-tipologie di strutture di accoglienza (21 centri a gestione comunale, il Cara e il Centro Enea) e dove circa il 50% delle persone in lista di attesa non ha beneficiato del circuito di accoglienza: al 31 marzo 2011 la lista di attesa per il circuito della Capitale era di 4634 persone”, dato che viene peraltro giudicato sovrastimato rispetto all’effettiva richiesta per via della dispersione delle domande generata dalla lunghezza dell’attesa.

 

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