by Editore | 8 Giugno 2011 6:31
Dovrà rimettersi finalmente alla volontà popolare, rassegnarsi al responso delle urne. Era già sconcertante che il governo avesse provato con la legge-trucco a modificare in corsa le norme sul nucleare sottoposte all’iter referendario. E la Cassazione gli ha dato torto, riconoscendo che l’oggetto resta sostanzialmente invariato e trasferendo automaticamente il quesito sulle nuove norme. Ma è ancor più paradossale che lo stesso governo, dopo aver definito inutili i referendum, abbia fatto ricorso successivamente a quella Corte costituzionale che in passato il presidente del Consiglio è arrivato a definire sprezzantemente un “covo di toghe rosse”. E ha avuto torto una seconda volta, nonostante i sospetti – alla prova dei fatti malevoli e infondati – sull’avvicendamento alla presidenza della Consulta.
Evidentemente, siamo di fronte a un duplice tentativo di manomissione o di scasso delle regole, contro gli interessi legittimi e le prerogative dei cittadini. Da un lato, il governo di centrodestra pretende di negare al corpo elettorale il diritto costituzionalmente garantito di respingere e abrogare una legge approvata dal Parlamento. Dall’altro, punta deliberatamente a boicottare il quorum del 50% più uno degli elettori, senza il quale il referendum non sarebbe valido. Tutto ciò per eludere in realtà la pronuncia sul legittimo impedimento che sta tanto a cuore al premier ed evitare magari un bis della disfatta elettorale a due settimane dalle amministrative.
È indegno che, in questa strategia di dissuasione di massa, il servizio pubblico radiotelevisivo abbia assunto e svolto finora il ruolo del fiancheggiatore. Il black-out della Rai sui prossimi referendum, nonostante i ripetuti richiami dell’Autorità sulle comunicazioni, è uno scandalo che offende la sensibilità collettiva e tradisce la missione della tv di Stato. Di fronte a una disinformazione così plateale e recidiva, né l’Authority né la Commissione parlamentare di Vigilanza possono più transigere: la nuova dirigenza di viale Mazzini, a cui va revocata senz’altro la linea di credito appena aperta, dev’essere chiamata a risponderne formalmente sul piano professionale e istituzionale.
L’oscuramento dei referendum sulle reti Rai, insieme a quello contestuale sulle reti Mediaset, può essere considerata la più scenografica rappresentazione del duopolio televisivo e insieme del conflitto d’interessi che hanno ipotecato ormai da troppo tempo la vita pubblica italiana. La consultazione del 12 e 13 giugno, dunque, consentirà ai cittadini italiani di pronunciarsi indirettamente su questa incresciosa materia. Oltre al nucleare, all’acqua pubblica e al legittimo impedimento, si voterà virtualmente anche sulla “questione televisiva”.
A questo punto, ormai, l’unico soggetto che può annullare il referendum è proprio il popolo: rinunciando eventualmente a esercitare il suo diritto-dovere, non andando a votare e quindi impedendo il raggiungimento del quorum. Ma sarebbe una sconfitta per tutti i cittadini: di destra, di centro o di sinistra. Una resa all’arroganza del potere, un’abdicazione della sovranità popolare.
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