I professionisti del potere
Mastrobuoni: “com’è stato possibile questa caduta dell’etica pubblica, del senso di responsabilità e del dovere?”
Tabacci: “In primo luogo, a causa dell’idea che ci poteva essere benessere senza lavoro, mentre le due cose non possono essere ‘sganciate’. E’ in fondo l’idea che stava alla base delle ‘catene piramidali’ che hanno fatto scuola anche nell’alta finanza, ma che non può essere priva di regole. Le regole sono la seconda questione, si è pensato che si potesse farne a meno come nel caso Parmalat ove s’è tentato di fare affari senza regole. Altro elemento di fondo è l’idea che vi possano essere diritti senza doveri. Chi passa un pomeriggio davanti ai reality in televisione ne ha un eccellente compendio. Mi spiego. Al vecchio “Lascia e raddoppia” si partecipava sapendo qualcosa, anzi tutto, su una determinata materia. Nel gioco d’azzardo dei ‘pacchi’ televisivi, non occorre sapere nulla. Oggi si gioca su tutto perché non si ha speranza di niente. La società dei nostri padri incardinava i diritti su doveri profondi, quella odierna promette diritti senza chiedere nulla in cambio.
Ci hanno spiegato che in Europa siamo i più bravi, quelli che sono usciti meglio dalla crisi. Non è così: cosa dovrebbe dire la Germania, che 20 anni fa era divisa in due ed oggi è la tigre d’Europa?”.
Al Festival dell’Economia la parola è andata quindi a Floris di Ballarò, che esordisce: “Un paese giusto è un paese che garantisce uguali opportunità per tutti. Il nostro non è così. Da qui l’amarezza, che è dannosa, perché fa perno sull’idea che non si possa cambiare nulla. Oggi questa sensazione è molto diffusa. Da un lato abbiamo chi pensa che l’Italia sia in mano ‘al male’, dall’altro chi pensa che l’alternativa sarebbe così catastrofica che è meglio tenersi quello che c’è. La ‘salvezza’ viene affidata ad una sorta di eroe mitico, capace di realizzare un cambiamento assolutamente radicale. Io penso invece che questi potenti siano dei furbi che hanno capito come vanno le cose. Al fondo, se una società va male, non è per colpa di un potente che blocca ma di tanti impotenti che non riescono ad arginarlo. E l’impotenza è una cosa che ci accomuna tutti, perché tutti siamo dei cittadini e abbiamo il diritto di voto. Perché non esercitarlo sino in fondo?” Continua Floris “ Elio Rossi parla di eroi e di cocciuti che, come granelli di sabbia, possono fare saltare l’ingranaggio. Ora, a me non hanno mai convinto né gli eroi né i cocciuti né tantomeno gli ingranaggi che saltano, perché poi se saltano davvero ci vuole un grande esperto che li metta a posto, e neanche i grandi esperti mi convincono molto sono come i grandi idraulici che quando li chiami costano un occhio della testa. Gli ingranaggi vanno reimpostati, riorganizzati. L’impotenza che oggi si respira in Italia nasce da un senso della delega male interpretato: deleghiamo il cambiamento agli eroi e la gestione ordinaria agli incapaci. Gli eroi non mi hanno mai convinto, sia per lo stato mentale del super uomo che per la delega dei sudditi. Dobbiamo passare dal ‘ghe pensi mi’ al ‘rimbocchiamoci le maniche’.
La parola torna a Tabacci: “Il potere che è legato ad una visione è forte mentre quello che è legato ad una gestione è debole. Il tema dell’immigrazione ne è d’esempio. Un africano della perduta africa sub-sahariana ove si campa con un dollaro al giorno (365 all’anno) prima o poi gli capiterà di vedere uno spezzone di una pubblicità satellitare che mostra che dai pacchi spuntano denari o che, semplicemente, un suo conterraneo al di là del Sahara e del mare guadagna in una fabbrica bergamasca ed in nero 3 volte tanto. Vedrà che c’è cibo in abbondanza sia per cani che per gatti. Vuoi che non vi sia cibo per un essere umano? Allora dobbiamo ‘vedere’ il fattore migratorio come parte del nostro tempo, al di là delle paure, ed affrontarlo ad ampio spettro e non solo con le politiche difensive. Ciò va al di là della gestione dell’emergenza”.
Continua Floris: “In Italia abbiamo una classe politica di settantenni che si confronta con un Blair che lascia a cinquant’anni, con gente come Obama o Cameron. L’unico modo per sostituire felicemente un potere è che il nuovo conquisti i cittadini prima che il vecchio crolli. Altrimenti succederà come nel ‘94. Ci vuole un progetto alternativo valido. C’è un impoverimento culturale in atto, che non viene affrontato realizzando qualche mostra sofisticata per delle élite ma con un grande investimento nella scuola. In definitiva, credo che il paese oggi lo si possa conquistare in primo luogo manifestando più interesse per ciò che verrà dopo, per le nuove generazioni, che per i propri affari contingenti. Non si tratta di proporre un’alternativa di nomi né di atteggiamenti. L’alternativa di sistema è un’alternativa di lettura dell’esistente. C’è un sistema di potere che crede nella scorciatoia, a destra come anche a sinistra? Dall’altra parte ci dev’essere qualcuno che crede nella cultura, nella formazione e nell’educazione civica”.
Related Articles
I padrini dell’ortodossia
Il mantra del pensiero economico dominante recita che il debito pubblico è il male assoluto. Consolatorio, ma non spiega nulla. Rivela semmai la difficoltà delle teorie neoclassiche a venire a capo della crisi del sistema capitalistico. Un percorso di lettura Da Bretton Woods alla libertà di movimento dei capitali. Le tappe più rilevanti che hanno segnato il passaggio dai «gloriosi trenta anni keynesiani» all’attuale crash finanziario.
A Palermo, tra i graffiti nelle celle
SCAFFALE. «Parole prigioniere», un corposo saggio storico a cura di Giovanna Fiume e Mercedes García-Arenal
La critica d’oggi al filtro di Leopardi