by Editore | 18 Giugno 2011 9:11
Quasi un anno fa i leader europei hanno creato un piano di salvataggio dell’euro che da allora è stato al centro di molte tensioni. Più di 110 miliardi di euro sono stati spesi per sostenere la Grecia. In seguito è stata la volta dell’Irlanda e del Portogallo. Ed ecco di nuovo la Grecia.
I responsabili politici dell’Ue sono andati oltre la clausola di non solidarietà del trattato europeo [per la quale “l’Unione non risponde degli impegni presi dalle amministrazioni centrali”], a riprova che la situazione era particolarmente grave. Infatti è previsto che gli stati possano dare il loro sostegno a un partner colpito da una catastrofe naturale. Di conseguenza il fatto che la Grecia mostri un tasso di indebitamento di quasi il 150 per cento del suo pil è ormai considerato come una sorta di calamità naturale e non l’opera di uomini.
Allo stesso modo esistono dei trattati internazionali che vietano all’Fmi e alla Bce di organizzare un piano di salvataggio di tale portata. L’acquisto da parte della Bce di titoli di stato sul mercato secondario – cioè presso le banche di credito – è solo un sotterfugio. In realtà la Bce è diventata il primo creditore della Grecia, e allo stesso tempo una “bad bank”.
Per l’economista Roland Vaubel “mai nella storia dell’integrazione europea si è vista una tale violazione dei trattati”. Al mancato rispetto dei principi dello stato di diritto si aggiunge una minaccia insidiosa e non meno grave per la democrazia. È ormai un anno che la Grecia non ha più un’autonomia politica. La libertà di Atene si limita a scegliere quale porto – il Pireo o Salonicco – vendere per primo. Il dilemma del governo consiste nel decidere se preferire ridurre gli stipendi dei funzionari statali del 10 per cento e le loro pensioni del 20 o il contrario. La cosa migliore sarebbe naturalmente fare entrambe le cose. “Il Bundestag detta la sua legge alla Grecia”, hanno titolato di recente i giornali. Sembra quasi che il paese sia destinato a diventare un “protettorato” tedesco (secondo Rainer Bruderle).
“Come nel medioevo, la Grecia ha barattato la sua libertà per il denaro ed è diventata una serva dell’Europa”, spiega Vaubel. Il paese in cui è nata la democrazia ha venduto la libertà a sedicenti salvatori che rivestono i panni di curatori fallimentari. In altre parole, l’Unione della solidarietà passa per una castrazione democratica.
Da un lato questi miliardi di credito a basso tasso di interesse assomigliano a tangenti. Si tratta del prezzo che deve pagare l’Ue per salvare le banche francesi e tedesche. Dall’altro i greci sono considerati dei ricattatori, che chiedono in continuazione crediti a tassi più favorevoli con il pretesto di non finire schiacciati dai creditori. Gli europei onesti sono diventati una banda di ladri e ricattatori.
Questa forma di solidarietà nuoce anche al Parlamento europeo. Il 9 maggio 2010 Bruxelles, su iniziativa di Nicolas Sarkozy e su consiglio di Jean-Claude Trichet, ha dato vita al Fondo europeo di stabilità finanziaria (Fesf), che rimarrà negli annali con il nome di Mes (Meccanismo europeo di stabilizzazione). Il governo continua a fare pressione sui deputati tedeschi e per ottenere il loro appoggio parla della minaccia di una crisi su dei mercati anonimi (“Lehman, Lehman, Lehman”). Una crisi che provocherebbe una catastrofe (“effetto domino”).
Ma oltre ai lati negativi (per la democrazia, lo stato di diritto e i cittadini) c’è anche chi vede gli aspetti positivi. Si tratta dei sostenitori della centralizzazione, che Vaubel chiama “euromantici” e lo scrittore Hans Magnus Enzensberger “mostri”. Criticano con argomenti moralistici quei nazionalisti e antieuropeisti che mettono in guardia contro il costo di un’unione in cui i ricchi pagano per i poveri.
Gli intellettuali di sinistra (da Jà¼rgen Habermas a Joschka Fischer) volano in soccorso dell’élite degli euromantici denunciando la “rinazionalizzazione” dell’Europa, senza osservare che il loro pathos finisce per fare gli interessi dei capitali finanziari e delle banche private. In realtà questi intellettuali e politici non fanno altro che aumentare la loro influenza a scapito delle libertà civili. L’ideologia centralizzatrice contrasta sempre la concorrenza, i controlli democratici e l’informazione dei cittadini, e si nasconde dietro un gergo incomprensibile pieno di sigle (Fesf, Mes).
La preoccupazione dei cittadini nei confronti di un argomento tradizionalmente noioso come l’Europa fa capire quanto sia alta la tensione. Fino a quando la fiducia non sarà tornata sui mercati, la nostra unica speranza risiede nella corte costituzionale tedesca. Il 5 luglio al supremo tribunale di Karlsruhe si parlerà di Europa. (traduzione di Andrea De Ritis)
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