I giornali cercano sostegno dai privati, ma «l’aiuto» si traduce in perdita di libertà 

by Editore | 3 Giugno 2011 6:37

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 Nel 2009, Nicolas Sarkozy aveva organizzato gli «stati generali della stampa», con l’intenzione di venire in aiuto al settore. Lo stato, in effetti, aiuta, con finanziamenti che vanno dai contributi per accompagnare la modernizzazione fino a versamenti per la diffusione via posta. Nel 2009, ha concesso all’editoria più di 500 milioni di euro, una cifra cresciuta più del 50% nel 2010. Dieci milioni sono destinati alla stampa a basse entrate pubblicitarie, per garantire il pluralismo. Persino gli enti locali intervengono: a Parigi, per esempio, il sindaco socialista Bertrand Delanoà« ha cercato di frenare le chiusure delle edicole, aiutando chi aveva l’intenzione di diventare gestore. Ma il fatturato complessivo della stampa quotidiana transalpina continua a scendere (era di 9,6 miliardi nel 2009, ma il 30% riguarda la stampa locale, mentre la parte dei quotidiani nazionali prosegue nel declino – ora è al 13%). Tra i quotidiani, solo L’Equipe e Les Echos non hanno i conti in rosso. L’entrata di un trio di finanzieri (Pigasse-Bergé-Niel) nel capitale di Le Monde ha evitato la crisi, ma è stata pagata dalla redazione con la perdita del diritto di veto sulla nomina del direttore. Anche Libération ha dovuto far ricorso a un nuovo finanziatore e limitare i diritti della redazione. Paradossalmente, più la crisi avanza, più le testate storiche attirano l’interesse del grande capitale.
Meglio vanno i settimanali, ma anche in questo settore c’è la corsa a trovare nuovi sbocchi. Per esempio, Le Nouvel Observateur, il 16 maggio lancia una nuova formula Internet, Le Plus, interattiva. La stampa si attiva per essere presente non solo su internet, ma anche sui cellulari, resta però in gran parte irrisolta la questione del business model in questi nuovi campi. La cultura del «tutto gratuito», tra internet e la free press, ha scombussolato la stampa tradizionale, che cerca di uscire dalla crisi offrendo qualità , come dimostra la nascita di siti di informazione di qualità , come Rue89, fondato da ex di Libération, e Mediapart, il cui direttore è l’ex capo della redazione di Le Monde, Edwy Plenel. Mediapart, in particolare, è molto attivo grazie ad alcuni importanti scoop. Rue89 e Mediapart hanno scelto due modelli economici opposti: tutto gratuito per il primo, a pagamento per il secondo.
Lo sbarco del grande capitale per «salvare» alcune testate si è tradotto con una perdita di libertà . A questo va aggiunto l’interesse specifico di Sarkozy su tutto quello che viene pubblicato dai giornali. Il presidente ha già  messo sotto controllo tutte le nomine della tv e della radio pubbliche, decise direttamente da lui. Qualche testa sulla carta stampata, «rea» di pezzi poco rispettosi verso «l’inquilino» dell’Eliseo, è già  saltata. È successo a Alain Genestar, che ha perso la direzione di Paris Match, ancora ai tempi di Cécilia Sarkozy). Secondo la classifica di Reporters sans frontières, su 178 paesi esaminati la Francia è al 44esimo posto per la libertà  di stampa.

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