I dieci motivi per votare “sì” e dimenticarsi delle centrali

Loading

È pericoloso. Costa troppo. Ne possiamo fare a meno. Non vi fidate di quello che dicono da sempre gli antinuclearisti? E allora prendete in parola quello che dicono persone caute e ragionevoli come i ministri dei governi di Berlino e di Berna che, nelle scorse settimane, hanno ufficialmente annunciato la chiusura delle centrali atomiche in Germania e in Svizzera. Se non vi bastano questi esempi, ecco dieci motivi per votare Sì al referendum e andare a tener compagnia a tedeschi e svizzeri, lontano dal nucleare.
1) Il nucleare non è sicuro. In base al calcolo delle probabilità , ci dovrebbe essere un meltdown di un reattore (la fusione del combustibile, l’incidente più temuto) ogni 250 anni. Ne abbiamo avuti cinque (Three Mile Island, Cernobyl e tre a Fukushima) in 50 anni. E le ultime notizie dicono che a Fukushima il combustibile radioattivo è uscito all’aperto, la situazione più pericolosa. Non è solo un problema di tecnologie più o meno sicure. È anche un problema di banale manutenzione quotidiana. I rapporti delle agenzie di sicurezza nucleari sono pieni di tetti che gocciolano, tubature che perdono, valvole bloccate, controlli rimandati o trascurati, tutti potenziali motivi di disastro. Sfioriamo ogni giorno l’incidente. Come in ogni industria. Ma quella nucleare, con il suo carico di radioattività , è la più pericolosa di tutte.
2) L’Italia è un paese sismico. Meno del Giappone, ma con la sua quota di devastanti terremoti (e tsunami, come a Messina nel 1908). La zona meno soggetta è una stretta striscia fra Piemonte e Lombardia, ma i siti previsti dal governo prevedono aree a rischio “moderato”. La scienza dei terremoti è però giovane e approssimativa, come dimostra il recente caso giapponese, dove gli scienziati non si aspettavano un sisma così violento.
3) L’incubo delle scorie. Restano radioattive e pericolose per centinaia di migliaia di anni. Oggi, nel mondo, queste “bombe sporche” sono accatastate a fianco delle centrali. Nessuno è riuscito a trovare e costruire un deposito sicuro e permanente. I francesi lo stanno progettando (a carico dello Stato): costerà  15 miliardi di euro, quasi quanto tre centrali atomiche.
4) Il nucleare che viene dall’estero. Assai poco. Secondo le stime ufficiali, l’1,5% dell’elettricità  italiana proviene dal nucleare straniero. E le centrali straniere sono a non meno di 100 chilometri dai nostri confini, oltre la fascia più pericolosa (circa 40 chilometri)
5) L’effetto serra. È la carta migliore a disposizione dei nuclearisti. Ma va vista in proporzione. Senza centrali atomiche, il mondo, oggi, produrrebbe 2 miliardi di tonnellate di Co2 in più. Una cifra importante, ma non decisiva: trasformare a gas le attuali centrali a carbone consentirebbe di risparmiarne di più.
6) La dipendenza energetica. Quale? Le macchine continueranno ad andare a benzina, che il nucleare non produce. Quanto all’elettricità , il gas, oggi, con le nuove fonti non convenzionali, è diventato economico e abbondante. In futuro ne importeremo sempre di più da Usa, Polonia e Sudafrica e sempre meno da Russia e Libia.
7) Lo sviluppo delle rinnovabili. Grandi centrali nucleari presuppongono una rete di distribuzione molto concentrata, che unisce grossi centri di consumo a grossi centri di produzione. Tutto il contrario delle rinnovabili, che hanno bisogno di una rete (produzione – distribuzione) molto leggera e diffusa.
8) Costa troppo. Il prezzo di un kilowattora nucleare è dato dal costo di costruzione della centrale che lo produce. Questo costo continua a salire. Le centrali proposte dall’Enel costerebbero, oggi, 6-7 miliardi di euro l’una, quanto basta per mettere il kw nucleare fuori mercato. Questo sovracosto ce lo troveremmo in bolletta. Negli Usa, negli ultimi mesi, su quattro progetti di centrali atomiche in corso, due sono stati congelati, due sono andati avanti. Quelli congelati dovevano servire aree in cui c’è il mercato libero dell’elettricità . Quelli che sono andati avanti serviranno aree in cui le norme consentono di caricare i costi di produzione sugli utenti. In termini generali, il solo piano Enel assorbirebbe investimenti per 25-30 miliardi di euro, circa il 2% del Pil nazionale.
9) Affari e occupazione. La metà  degli appalti di una centrale riguarda, in realtà , reattore e turbine, che compreremmo chiavi in mano dall’estero. A regime, finita la fase di costruzione, una centrale impiega poche centinaia di persone. In Germania, 40 mila persone lavorano nel nucleare, 440 mila nelle rinnovabili.
10) Se ne può fare a meno. Anche con un rilancio immediato, il nucleare non è una risposta ai problemi di oggi dell’energia italiana. Sarebbe una risposta ai problemi di domani: con i tempi di costruzione di una centrale, il nucleare non darebbe un apporto significativo prima del 2025-2030. A quella data, secondo il piano Enel, dovrebbe fornire il 12,5 % del fabbisogno di elettricità . Secondo alcuni studi, fra vent’anni, le rinnovabili italiane (solare, vento, piccolo idroelettrico, geotermia) potrebbero arrivare a soddisfare il 36 % del fabbisogno. Se, a quel punto, non avremo trovato una superbatteria, per colmare i vuoti di produzione di fonti volatili come fotovoltaico ed eolico (legate, oggi, all’effettiva presenza di sole e vento) si può pensare a piccole centrali a gas di complemento. Si può essere meno ottimisti e puntare obiettivi meno ambiziosi del 36 %. Contro il 12,5% che dovrebbe assicurare il nucleare italiano, i tedeschi contano di portare dal 17 al 38% – venti punti in più – la loro quota di rinnovabili. Entro il 2020.

 


Related Articles

Allarme rifiuti tossici in mare

Loading

200 bidoni di monossido di cobalto dispersi al largo della costa livornese I fusti viaggiavano sulla Grimaldi Lines. Domenica la protesta dei cittadini. La procura apre un’inchiesta

Quel complesso di non essere mai preparati L’Italia come Germania o Stati Uniti Paesi in crisi di fronte all’emergenza

Loading

C’è una crisi europea anche nei trasporti. Quando nevica. Ma in questo caso — a differenza che in quello dell’euro — non c’è un modello vincente, sia esso nordico o tedesco: in genere, la Grecia si salva, ma ovunque cada la neve e la temperatura scenda sotto lo zero, gli spostamenti diventano difficili, i treni rallentano, gli aeroporti chiudono, le vie d’acqua congelano, le strade diventano congestionate.

Nasce l’Onu dell’usato, i venditori chiedono spazi e garanzie

Loading

E’ la prima associazione nazionale di categoria, in rappresentanza di circa 3 mila persone, tra operatori di mercati storici, fiere e di strada, per il riconoscimento dello status. “Un settore che accoglie e reintegra le persone messe al margine”

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment