Gli utili idioti di Bisignani

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Basile fa il nome di chi è candidato in quel momento a sostituirlo nell’incarico di capo di gabinetto del sindaco Gianni Alemanno. Si tratta di un magistrato della Corte dei conti che il personale Who’s who di Bisi classifica per l’appunto come un idiota. Ma che c’è di meglio di un idiota da manipolare a piacimento? «Se ti tirano fuori dal cilindro uno fighissimo – spiega paziente al suo interlocutore, che non deve considerare proprio un’aquila – poi non puoi neanche dirgli niente, no? » Ecco, questo è il mondo di Bisi, trasversale non solo tra destra e sinistra, ma anche tra furbi, furbissimi e idioti. Un network dai confini indefiniti fatto di generali felloni, magistrati corrotti, agenti segreti deviati, affaristi senza scrupoli, manager tangentari, giornalisti asserviti. E idioti. Un parco di pochi furbi quasi come lui e una pletora di utili idioti da collocare nelle poltrone giuste. Un genere che non difetta nell’italica “classe dirigente” e che Bisi ha badato sempre a valorizzare perché sono loro un cardine del suo potere, come ha cercato di spiegare in quella telefonata al Basile e che appare in tutta evidenza nel suo, diciamo, modus operandi.
Come farebbe l’omino che già  trent’anni fa dava la linea al povero ministro del Tesoro Gaetano Stammati, a controllare di fatto la Rai, a licenziare Santoro, se non ci fosse un direttore generale che ha bisogno di un “badante” furbo come lui, allevato alla scuola di Gelli e Andreotti? Così ministeri, istituzioni, corpi militari, banche, enti pubblici, società  si sono popolati anche ad opera del Bisi di «stronzi, mostri e mignotte», epiteti di cui gratifica il ministro Michela Brambilla, che in quel momento non deve essere ai vertici dell’apprezzamento nella sua illimitata scuderia. Anche i suoi migliori cavalli, come Scaroni e Geronzi, li contorna un po’ di suoi brocchi, perché con i furbi come lui non si sa mai. Non a caso i più compulsivi politici telefonatori, tolto Clemente Mastella, non sono proprio considerati tra i più volpini: la cinguettante Prestigiacomo, lo sperduto Frattini, la Carfagna, la maestrina Gelmini, Fitto, Cesa, Baccini, Elisabetta Gardini, Ronchi. I demoni si vedono “da vicino”, gli idioti si sentono come capita.
Ma badate, l’idiota di Bisi non è come il principe MyÅ¡kin di Dostoevskij, un uomo spiritualmente bello, ma dev’essere necessariamente anche un po’ mascalzone. Perché anche un ministro idiota può ben capire che non si appaltano delicate decisioni istituzionali a un privato cittadino pregiudicato, condannato per gravi reati. Ma si sa, nella presunta seconda Repubblica queste sottigliezze sono riservate ai moralisti da strapazzo. E poi, diciamolo, la storia si è incaricata di smentire il detto di Craxi all’indirizzo di Andreotti, secondo cui le volpi prima o poi finiscono in pellicceria. Figuriamoci Bisi e la sua corte di idioti.


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