Germania, un’azienda bio all’origine del batterio killer

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BERLINO – Forse siamo alla svolta nel dramma del batterio killer: sono i germogli, germogli di vario tipo (soia, piselli, fagioli di diverse qualità  consumati crudi nelle insalate o come contorni) l’origine principale del contagio. I germogli infetti vengono dallo Sprossenhof, un’azienda agricola biologica a Bienenbuettel presso Uelzen, nello Stato nord-occidentale di Bassa Sassonia, considerata da anni in regola ma finita negli ultimi giorni nel mirino delle indagini. «Se i primi risultati delle analisi saranno confermati siamo al passo decisivo», ha detto la ministro della Sanita, Ilse Aigner. «Ma occorrono altre analisi per escludere la casualità », avvertono i portavoce del Commissario alla Salute dell’Unione europea, John Dalli. Intanto, i morti sono saliti a 33, con due nuovi decessi in Germania.
Dopo tanti falsi allarmi, dopo le accuse premature e infondate ai cetrioli spagnoli e tanti frettolosi e infondati annunci di scoperte risolutive, in Europa nessuno si fida più troppo degli annunci tedeschi di soluzione del caso. E da più parti, nell’Europa mediterranea, viene la richiesta che Berlino paghi i danni. Lo auspica in Italia la Cia, Confederazione italiana agricoltori, e in Spagna una cooperativa di Malaga ha già  fatto causa alla città -Stato di Amburgo, da dove le false accuse contro gli ortaggi iberici avevano scatenato panico in tutto il continente.
Un elemento importante comunque c’è, a fornire teoricamente più credibilità , questa volta, agli annunci di vittoria nella lotta al batterio killer. Le analisi che mettono sotto accusa i germogli della fattoria di Bienenbuettel non vengono annunciate direttamente dal governo ansioso di rimediare alla figuraccia, ma dagli istituti scientifici indipendenti, l’autorevole Robert Koch Institut e l’Istituto federale per la valutazione dei rischi. «Non c’è dubbio, sono i germogli», ha detto ieri a Berlino Reinhard Burger, presidente del Koch. Alla scoperta, spiegano i suoi collaboratori, si è giunti per caso: con una confezione di germogli prodotti a Bienebuettel, ma trovata in una pattumiera molto più a sud, in Nordreno-Westfalia.
La nuova consegna delle autorità  tedesche dunque è di non mangiare germogli di nessun tipo (ne sono in commercio almeno 18 varianti in Europa, in media), mentre cetrioli, pomodori, insalate sono definitivamente assolti. «Se tutto verrà  confermato è la luce alla fine del tunnel», dicono a Bruxelles i portavoce del commissario John Dalli. «Ma le prime tracce epidemiologiche finora effettuate scientificamente non bastano a dare certezza assoluta». Ricercatori e autorità  tedeschi poi si chiedono ancora senza risposta come i germogli siano stati contaminati. Con concimi infetti, composti anche da escrementi animali? Con acque inquinate? O addirittura da dipendenti della fattoria, che non si sono lavati le mani dopo essere andati in bagno e hanno poi toccato pompe d’irrigazione? O infine dai tre dipendenti dell’azienda ricoverati perché colpiti dal batterio Ehec?
Tutte domande senza risposta. Ma è certo che tutti i ristoranti e locali che si erano rivelati grandi focolai d’infezione – il ristorante a Lubecca, il golf club a Lueneburg e altri – avevano servito ai clienti germogli provenienti da là . Un passo decisivo, ma la paura non è finita. Amburgo, la seconda città  tedesca, la zona più colpita dal male, comincia a pagare per il panico. Una regata internazionale è saltata, perché l’attesa squadra inglese ha cancellato il viaggio temendo di contagiarsi. E istituzioni ungheresi hanno revocato l’invito a scolaresche della ricca metropoli del nord.


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