by Editore | 12 Giugno 2011 6:24
GERUSALEMME – La guerra civile siriana è entrata nel suo terzo mese, in una spirale di violenze e feroce repressione del regime che ha già fatto ufficialmente oltre 1.500 morti, migliaia di feriti, decine di migliaia gli arrestati, distrutte dalla rappresaglia dell’esercito diverse città . Incurante delle sanzioni e dell’isolamento internazionale, il presidente Bashar Assad va avanti con la soluzione militare della crisi portando la Siria verso una grave crisi umanitaria. Nel nord decine di migliaia di profughi in fuga dalle distruzioni e le violenze sono da giorni a ridosso del confine con la Turchia, cinquemila in meno di 24 ore sono passati dal lato turco dove è stato allestito in gran fretta un primo campo d’accoglienza e la Croce rossa turca ne sta allestendo altri due nella provincia di Hatay. I profughi ospitati nelle tende e ricoverati negli ospedali turchi raccontano di una Siria abbandonata a sé stessa con i rastrellamenti dei fedelissimi del regime, di città distrutte, di campi coltivati bruciati, di fabbriche ridotte in cenere, con i militari e le forze speciali che si abbandonano a una rabbia cieca e crudele contro i civili. Ci sono diversi disertori fra i profughi arrivati Yayladgi, soldati siriani che hanno rifiutato di sparare sulla folla che manifestava contro Assad e hanno gettato la divisa, raccontano di altri meno fortunati giustiziati sul posto dagli ufficiali.
A Jisr al-Shughour, il centro del nord dove si sta concentrando la morsa del regime, è una “città fantasma” dopo la fuga dei cinquantamila abitanti verso la vicina Turchia. Venerdì per tentare di fermare la massa che affollava le strade chiedendo la fine del regime, l’esercito è stato costretto a usare gli elicotteri da combattimento. Ci sono state lunghe sparatorie ieri, quando l’esercito dopo un intenso bombardamento d’artiglieria ha raggiunto barricate innalzate e date alle fiamme dagli attivisti anti-regime per tentare di sbarrare la strada ai militari. Il regime tenta di definire dagli schermi della tv di Stato quest’assedio come operazioni contro «bande armate», che si estendono anche a villaggi vicini, dove secondo Damasco si annidano circa 2.000 uomini armati.
La tensione sta salendo rapidamente con la Turchia, Ankara vuole evitare un’emergenza umanitaria come quella dei profughi curdi nel 1991 ed è pronta «a uno scenario militare», come ha annunciato il presidente Abdullah Gul, per scongiurarla. Secondo ambienti dell’intelligence, la Turchia si appresta a inviare proprie truppe nel nord della Siria, il premier Erdogan venerdì notte avrebbe dato il via libera a un intervento militare. Triplice la missione delle forze turche: arginare il flusso di migliaia di profughi che si stanno riversando verso il confine turco, delimitare una zona militare nella parte siriana della frontiera dove la Croce Rossa possa allestire alcuni campi per i rifugiati, istituire una zona cuscinetto nelle zone curde del nord della Siria.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha definito «inaccettabile» l’uso della forza militare da parte del regime siriano contro i civili e si è detto «profondamente preoccupato» dalle violenze che proseguono nel Paese. A dispetto delle pressioni degli Stati Uniti non marcia speditamente la risoluzione di condanna al Consiglio di sicurezza dell’Onu per la repressione in Siria. La bozza – promossa da Francia e Gran Bretagna – attualmente dispone solo di 9 si, alla freddezza di Cina e Russia si aggiunge quella di Libano, India, Brasile e Sudafrica.
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