Fallita la conciliazione Fiat-Fiom su Pomigliano

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TORINO – Termina con un rinvio (al 16 luglio) e con un sostanziale pareggio il primo round legale tra la Fiom e la Fiat. Ma anche con due punti fermi. Il primo: il processo resterà  a Torino, e non sarà  trasferito, almeno per ora, a Nola, a Napoli o a Roma, come richiesto dall’azienda. Il secondo: il match verrà  giocato fino in fondo, perché le parti hanno rinunciato a percorrere la strada della conciliazione.
Il tentativo di trovare un accordo prima di iniziare il dibattimento è naufragato in pochi minuti. Il segretario nazionale della Fiom, Maurizio Landini, ha chiesto alla Fiat di rientrare nella cornice del contratto nazionale dei metalmeccanici e ha offerto in cambio la riapertura del confronto sindacale. Proposta rigettata dal Lingotto attraverso il suo responsabile delle relazioni industriali Paolo Rebaudengo, che ha ribadito: «Non ci sono le condizioni per un dialogo costruttivo su una soluzione negoziale già  rifiutata dalla stessa Fiom».
Così a superare il muro contro muro ci ha provato lo stesso giudice, Vincenzo Ciocchetti. Ha proposto alla Fiom di firmare l’intesa e di avviare azioni, legali e no, soltanto in caso di violazioni specifiche. Spiegando anche che «la contrattazione aziendale non è di per sé illegittima: ci sono due importanti contratti aziendali di primo livello, quelli di Poste e Ferrovie, e nessuno si è mai scandalizzato o ha posto questioni. Altra cosa sarebbe se si verificasse un proliferare di contratti aziendali in imprese di 20-30 dipendenti». La Fiom, comunque, ha risposto picche, perché l’accordo di Pomigliano viola lo statuto del sindacato ed è al di fuori del contratto nazionale.
Il dibattito si è poi spostato su alcune eccezioni preliminari sollevate dai legali della Fiat. Una riguardava la competenza territoriale: l’azienda chiedeva di trasferire il processo a Nola, ossia il tribunale più vicino allo stabilimento, oppure a Napoli e Roma, le due città  in cui sono stati firmati gli accordi. Ma sul punto il giudice Ciocchetti si è riservato di rispondere a fine dibattimento. Scegliendo, di fatto, di far proseguire la sfida legale a Torino.
Il pool di avvocati della Fiom, guidato da Piergiovanni Alleva, ha poi posto alla Fiat alcune domande specifiche sulla fabbrica di Pomigliano, mirate per esempio ad accertare se a ordinare i macchinari per lo stabilimento sia stata Fiat group automobiles oppure la newco Fabbrica Italia Pomigliano. Solo una parte di una strategia processuale precisa: dimostrare la continuità  aziendale tra i due soggetti e quindi l’inutilità  di cedere un ramo d’azienda dall’una all’altra e l’obbligo di mantenere inalterati i diritti dei lavoratori.
Il giudice Ciocchetti ha poi optato per il rinvio al 16 luglio. Giorno in cui molto probabilmente emetterà  anche la sua sentenza. Nell’attesa, sia l’azienda che il sindacato vedono il bicchiere mezzo pieno. Per il leader della Fiom Landini il dibattimento «sta procedendo come ci aspettavamo. Il tentativo di Fiat di rinviare il processo spostandolo in un’altra sede non ha avuto effetto. Restiamo convinti di avere buone e fondate ragioni giuridiche». Ma pure Raffaele De Luca Tomajo, il legale a capo del pool che difende la Fiat, è soddisfatto: «Il giudice vuole verificare se ci sono profili antisindacali ad opera di accordi che di per sè sono legittimi, ma potrebbero provocare qualche conseguenza negativa per il sindacato». In altri termini: uno a uno, palla al centro.

 


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