E Giulio adesso minaccia le dimissioni “Non accetto di fare la fine della Grecia”
Chi ha sondato Tremonti riferisce che il ministro resta impermeabile a ogni richiesta di ammorbidimento della manovra. «Chi parla in questi termini – ripete Tremonti – non ha capito cosa sta succedendo sui mercati. Venerdì scorso lo spread tra Btp e Bund ha sfondato il record, pensavamo fosse finita, e oggi il differenziale ha raggiunto i 223 punti: 9 in più rispetto a venerdì». Ma le prediche di Tremonti restano inutili. Ha un bel dire il ministro che «rischiamo la Grecia», che lui non metterà mai la firma su una manovra all’acqua di rose che possa «mettere a rischio i titoli pubblici e quindi i risparmi di milioni di famiglie italiane». Berlusconi non ci sente, Bossi nemmeno. Eppure a Via XX Settembre la risposta per ora è ancora più netta: «Va a finire che i nostri btp diventeranno come i Tango-bond. I mercati non ci perdonerebbero una manovra soft».
Questa mattina i tre si vedranno prima del vertice di maggioranza per tentare un’ultima mediazione. Ma Tremonti avrebbe persino deciso di disertare il summit allargato a palazzo Grazioli per non farsi mettere in un angolo. Giocando la carta finale, quella minaccia di dimissioni che dovrebbe riportare alla ragione i due azionisti del centrodestra, Bossi e Berlusconi. E tuttavia, se in passato questa tattica ha prodotto risultati, sembra proprio che il premier stavolta non sia dell’idea di trattenere Tremonti. Lasciandolo andare, insalutato ospite, al suo destino. La violenta polemica scatenata contro il ministro da un fedelissimo del premier, Guido Crosetto, è stata la spia del malumore che cova a palazzo Grazioli. «Sono stanco – dice in privato il Cavaliere – di sentirmi dire: o così o niente. Questa volta Giulio, se insiste, potrà essere sostituito». Decisioni non sono ancora state prese, si tratta al momento di una partita a scacchi appena iniziata tra due giocatori – Berlusconi e Tremonti – che conoscono a menadito ciascuno le mosse dell’altro. «Io – osserva il premier – condivido l’obiettivo del pareggio di bilancio, la tutela del debito italiano. Ma Tremonti non propone nulla per lo sviluppo e se il Pil non cresce, anche il rapporto con il debito è destinato a peggiorare». Sono due “verità ” al momento inconciliabili e destinate a cozzare. Oltretutto, a peggiorare il clima, c’è anche una certa ruvidezza del personaggio, che sta facendo andare fuori dai gangheri i suoi colleghi di governo. «Nessuno di noi conosce questa benedetta manovra – confida un ministro furioso – , Tremonti non ce l’ha fatta leggere. Ma se pensa di fare come l’altra volta, di farci votare in 3 minuti un pacco misterioso, si sbaglia di grosso».
Tremonti non si è fatto molti amici neppure in Parlamento, dove il progetto di tagliare i costi della politica ha fatto andare sulle barricate mezza maggioranza. «Quello che tagliò meglio di tutti i costi della politica – ricorda il ministro Gianfranco Rotondi – fu il cavaliere Benito Mussolini. E anche allora i giornali applaudirono. Questo non significa che fosse una cosa giusto. Oltretutto è come se il Cda di un’azienda pensasse di andare avanti insultando e prendendo a schiaffi gli azionisti: i parlamentari alla fine si arrabbiano e ti mandano a casa, tanto dal primo maggio non si può più minacciare elezioni anticipate. E io a casa non ci voglio andare».
L’arma forte di Tremonti, quella con cui è certo di poter mettere ancora una volta a tacere tutte le critiche, è ovviamente la minaccia di un attacco fenomenale della speculazione. Il rischio c’è, è concreto, e il crollo simultaneo di tutti i titoli bancari lo scorso venerdì è stata un’avvisaglia di quello che potrebbe accadere. Anche Napolitano predica cautela e vigilia sulle mosse del governo. Per questo il Cavaliere, consapevole che la linea di Tremonti al momento è “dopo di me il diluvio”, per rafforzare la sua posizione negoziale si sta dando da fare per immaginare un sostituto. Purtroppo per lui i nomi spendibili, quelli davvero in grado di rassicurare i mercati, non sono molti e quei pochi titolati non hanno intenzione di farsi arruolare in un esecutivo dalle prospettive incerte. Ma nelle ultime ore si sta facendo strada un candidato su tutti gli altri: Lorenzo Bini Smaghi. Membro del board della Bce, Bini Smaghi è in corsa per andare al vertice della Banca d’Italia dopo l’accordo raggiunto all’ultimo Consiglio europeo sulle sue dimissioni da banchiere europeo. Un nome in grado di tranquillizzare i mercati, soprattutto se iniziasse a circolare da subito, su cui il Quirinale non potrebbe sollevare obiezioni.
Al momento tuttavia si tratta solo di voci dentro il governo, la partita deve ancora cominciare. Giorni fa, sicuro del fatto suo, Tremonti ha ricordato un aneddoto a un amico, a dimostrazione che il Cavaliere fa la faccia feroce ma alla fine si rivela un agnellino. «L’anno scorso ci provò allo stesso modo ad evitare la manovra. Mi disse: ma perché non facciamo un bel condono? Poi se andò a via dei Coronari, in giro per antiquari, e dichiarò alle agenzie che lui il decreto ancora non l’aveva firmato. In realtà la manovra stava già sul tavolo di Napolitano per la promulgazione».
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