Di cosa parliamo quando parliamo di pluralismo
Ma la vecchia coppia di opposti – laicità o fondamentalismo – non è scomparsa, anche perché forze politiche organizzate con progetti di stato islamico hanno ormai influenzato e società dei paesi arabi e musulmani: se e quanto peseranno nelle transizioni alla democrazia avviate in Egitto, Tunisia o altrove è una domanda aperta. Ed è una delle domande poste durante il convegno «la speranza scende in piazza», organizzato dal manifesto per riflettere sugli eventi della sponda sud del Mediterraneo e su come questi rimbalzano qui, sulla sponda nord.
Domande: siamo di fronte a reali momenti di svolta, a «rivoluzioni», o piuttosto a rivolte che hanno rimosso vecchi dittatori senza intaccare davvero la struttura del potere costituito? Un’altra formula usata di questi tempi è «il risveglio arabo»: «Come se gli arabi fossero in letargo, e l’ondata di rivolte e proteste non sia il culmine di decenni di movimenti sociali», dice Kamal Lahib, giornalista e attivista marocchino. Masse di donne e uomini, persone ogni età e ceto sociale, non dirette da leader e partiti strutturati, hanno messo in discussione poteri costituiti: questa è già una svolta, dice Mouin Rabbani, palestinese giordano, analista del Middle East Report. Ma avverte: rivolte e transizioni (lui non le chiama «rivoluzioni») rappresentano anche un’opportunità per le forze islamiste, che in molti casi sono le sole forze strutturate in paesi dove poteri dittatoriali hanno sistematicamente represso altre forze politiche di stampo progressista. E pone altre domande: l’essenza della democrazia è il pluralismo, ma sarà dalle elezioni che si misura il reale pluralismo? Ancora: quanto è stata davvero modificata la relazione tra lo stato e gli apparati di sicurezza, vera ossatura delle dittature?
La questione laicità vs fondamentalismo è parte della lotta politica in corso nelle transizioni. Certo, la questione si può formulare in diversi termini. «Laicità significa che la religione non abbia influenza sui diritti e le libertà del cittadino, sulle leggi e i codici», dice Lahib, e Cherifa Bouatta, algerina, rivendica la laicità e la nozione di cittadinanza come risposta alle trappola islamista. Trappola molteplice: perché, dice Lahib, «ci troviamo di fronte non solo forze politiche con ideologia e programma fondamentalista, ma a stati fondamentalisti: come quando nel mio paese le autorità per compiacere forze religiose accusano i gruppi di rock di essere satanici e li perseguitano». Questioni che la sponda nord farà meglio a guardare senza troppa condiscendenza, fa notare Ida Dominijanni del manifesto: «In Italia, ad esempio, la questione della laicità non è davvero risolta, basti pensare a come la religione pesa nell’elaborazione di molte nostre leggi. E forse, anche in Europa la questione della laicità va riformulata in una prospettiva di dialogo con la presenza religiosa».
Le domande non sono finite. Daniele Atzori, ricercatore della Fondazione Enrico Mattei e collaboratore della rivista Oil, sottolinea come la trasformazione dell’islam da tradizionale religione a ideologia (quindi a forza politica) sia avvenuta nel contesto delle trasformazioni neoliberiste. E questo rimanda agli aspetti strutturali delle rivolte/risoluzioni in corso, tema della mattinata di oggi.
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