Contratti, Marcegaglia convoca i sindacati

by Editore | 14 Giugno 2011 7:30

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MILANO – Entra nel vivo lo scontro per le nuove regole nella contrattazione aziendale e per la rappresentanza nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro. Sono le norme che dovrebbero permettere ai contratti locali di derogare a quelli nazionali. L’accelerazione è stata provocata sia dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, sia dal segretario della Uil Luigi Angeletti. La prima ha annunciato che arriverà  presto ai sindacati la convocazione per discutere le nuove regole. Il secondo la sua lettera l’ha già  inviata, destinatari il governo e le parti sociali, e contiene la disdetta degli accordi del ’93, proprio quelli che regolavano la contrattazione in azienda.

Difficile non vedere in tutto questo una manovra ad ampio raggio che sta mettendo la Cgil nell’angolo. Solo pochi giorni fa, alla festa della Cisl di Trento, il segretario Raffaele Bonanni e il vice-presidente di Confindustria Alberto Bombassei avevano concordato di aprire un tavolo di negoziazione il prima possibile. Di più: Bonanni si è detto pronto ad accettare una legge («il vulnus minore») nel caso di mancato accordo con la Cgil.
L’idea di fondo è quella di avere due livelli, uno per le grandi imprese e l’altro per le piccole. Come ha spiegato Bombassei: «Il nostro tessuto industriale è fatto prevalentemente di medie imprese: per loro rimane il contratto nazionale. Ma non possiamo impedire di attuare nuovi accordi a chi riesce ad approvarli con la maggioranza dei lavoratori. Il mondo sta cambiando troppo rapidamente e occorre essere più flessibili quando la necessità  incombe».
Il riferimento al caso Fiat è evidente. E per Confindustria la strategia sarebbe anche un modo per evitare ulteriori frizioni con l’ad Sergio Marchionne e la ventilata uscita del Lingotto dall’associazione degli industriali italiani
Del resto, il ragionamento ieri è stato ribadito anche da Marcegaglia: «Se una azienda fa un accordo con la maggioranza dei lavoratori, questo deve valere per tutti. Non esiste che poi uno il giorno dopo si alza e rimette tutto in discussione». Per poi aggiungere: «Non sono per la sparizione dei contratti nazionali, ma per consolidare i contratti aziendali».
A rafforzare l’esigenza di una nuova contrattazione ci ha pensato ieri la Uil. Il segretario Luigi Angeletti ha scritto al presidente del Consiglio e a tutte le parti sociali per disdettare gli accordi del ’93. Il documento – datato 23 luglio 1993 e firmato da Cgil, Cisl, Uil, Confindustria e dal governo (allora guidato da Carlo Azeglio Ciampi) – ha stabilito regole sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo.
In verità , gli accordi del ’93 sarebbero stati modificati nel 2009. Ma le nuove regole non sono mai state sottoscritte dalla Cgil e, inoltre, l’intesa del ’93 resta in vigore per la parte legata alla rappresentanza. Non a caso, nella lettera inviata ieri, Angeletti spiega di aver predisposto una disdetta scritta dopo aver saputo che l’Abi (l’associazione delle banche) «intende applicare, in occasione del prossimo contratto collettivo nazionale della categoria, le regole del ’93».

 

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