Come si diffonde la malattia economica

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Nonostante il voto di fiducia del Parlamento di Atene che spiana la strada alla nuova manovra di austerità  del governo Papandreou, i greci continuano a svuotare i loro depositi di risparmio al ritmo di due miliardi al mese. Dove li mettono? Fanno man bassa di monete d’oro, l’ultimo rifugio. In futuro queste scene di panico potrebbero ripetersi altrove? Basta risalire indietro di tre anni, al 2008, per trovare episodi di assedio agli sportelli, fuggi fuggi dei risparmiatori dalle banche a rischio crac: in Inghilterra, Irlanda e Islanda nel 2008. 
Oggi il contagio della sfiducia nell’eurozona si è momentaneamente placato, dopo la ricucitura del disaccordo fra Angela Merkel e la Bce sugli aiuti alla Grecia. Ma abbiamo già  visto alternarsi periodi di tregua seguiti da nuovi accessi di paura. Il contagio dell’euro-malattia viaggia attraverso due canali: il sistema bancario e il gioco psicologico delle aspettative. Le banche sono un anello fragile perché anche quelle tedesche e francesi hanno in portafoglio i titoli pubblici dei Pigs (Portogallo Irlanda Grecia Spagna) e quindi una bancarotta di Stato sulle rive del Mediterraneo colpirebbe grandi istituti di credito a Francoforte e Parigi. Il gioco delle aspettative sui mercati fa leva sull’anticipazione: se oggi la Grecia è nel mirino, i grandi investitori si preparano alla puntata seguente, scommettono sulle prossime vittime. C’è chi lo fa per cautelarsi da perdite, smobilizzando preventivamente titoli a rischio. C’è chi invece vuole arricchirsi con le scommesse al ribasso, sul default di pezzi grossi come la Spagna e l’Italia. Il circuito delle aspettative obbliga le agenzie di rating agli annunci drastici di questi giorni, con la messa sotto esame della solvibilità  dell’Italia e delle sue grandi aziende. 
Ma non è solo all’eurozona che bisogna guardare, in cerca di focolai di un possibile contagio. Nella storia delle grandi crisi finanziarie esiste spesso un “aftershock”: proprio come le scosse di assestamento e lo sciame sismico del dopo-terremoto. In economia l’aftershock può verificarsi con due-tre anni di ritardo. Molti lo aspettano, lo scossone di assestamento che seguirà  a distanza la crisi del 2007-2009. Potrebbe venire dagli Stati Uniti: qui si avvicina la data fatidica del 2 agosto, quando sarà  raggiunta la soglia massima d’indebitamento pubblico consentito dalla legge, 14.300 miliardi di dollari. Se il Congresso non approva prima del 2 agosto una nuova legge per alzare il tetto del debito, il Tesoro Usa sarà  tecnicamente in sospensione dei pagamenti, non potendo ricorrere ai mercati con emissioni di titoli per rifinanziarsi. Il teatro kabuki delle mosse guerriere che nei prossimi 39 giorni opporrà  Obama e i democratici alla destra repubblicana (maggioritaria alla Camera) potrebbe avere conseguenze destabilizzanti sulla fiducia dei mercati. Oppure l’aftershock verrà  da uno dei colossi emergenti: la Cina alle prese con un’inflazione sempre più acuta; il Brasile con una moneta sopravvalutata e una bolla speculativa del mercato immobiliare?
Contagio, questa parola che viene dalla medicina ha sedotto gli economisti per la sua efficacia nel descrivere fenomeni complessi come le “catene di trasmissione” delle crisi , o delle febbri speculative. Non siamo nuovi a subire dei fenomeni di contagio globale: avvenne nel 1929, già  allora un crac di Wall Street e poi soprattutto la Grande Depressione ebbero la capacità  di diffondersi in poco tempo su diversi continenti, come il colera o la peste bubbonica avevano fatto da secoli con le grandi invasioni. In tempi recenti i meccanismi del contagio economico hanno moltiplicato la loro potenza e velocità . Il 1992 e il 1995 sono due anni di crisi gravi che colpiscono simultaneamente il Sistema monetario europeo (antenato dell’euro) e le finanze sovrane di diversi paesi emergenti. Il 1997 e 1998 vedono coincidere bancarotte di Stato (Russia), crac nelle bilance di pagamenti (Thailandia, Indonesia e altri dragoni asiatici), più il tracollo di uno dei più importanti hedge fund di Wall Street, Ltcm. 
Quale ragione spiega l’aumento di frequenza nei casi di contagio, e la rapidità  con cui si diffondono? La spiegazione sta nella libertà  di movimento di tutti i fattori: merci, uomini e capitali. Più i mercati sono aperti, più è densa l’interconnessione ed è facile il contagio. La libera circolazione dei capitali è decisiva perché è la più estrema: basta un clic sul tasto di un computer, un ordine che parte da uno schermo di terminale Bloomberg a New York o Londra, una email da un investitore che sull’iPad invia istruzioni al proprio banchiere: e si spostano in frazioni di secondi capitali che seguono le pulsazioni istantanee della paura o della febbre di profitto, e generano movimenti di massa. Lo dimostrano, come controprova, i casi importanti di immunizzazione dal contagio che abbiamo visto all’opera nell’ultima grande crisi. Né la Cina né l’India sono precipitate nella recessione del 2008-2009; il Brasile l’ha subita per poco tempo e n’è uscito presto. Tutti questi giganti hanno una cosa in comune: l’adesione solo parziale alla libertà  di movimento delle merci o dei capitali. La Cina non ha ancora adottato per la propria moneta un regime dei cambi pienamente convertibile, l’India conserva regolamentazioni e restrizioni sulle attività  finanziarie, Brasile e India praticano forme di protezionismo occulto. Nella storia del contagio economico, anche queste dighe anti-contagio fanno riflettere: i vincitori della fase attuale di globalizzazione detengono qualche ricetta in fatto di vaccini.


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